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Source Code

Regia di Duncan Jones vedi scheda film

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La recensione su Source Code

di pazuzu
8 stelle

Colter Stevens, un pilota d'elicotteri dell'esercito americano reduce dall'Afghanistan, si sveglia seduto sul sedile di un treno con di fronte una ragazza che mostra di conoscerlo e si rivolge a lui chiamandolo Sean. Comprensibilmente confuso, va nel bagno della stiva si guarda allo specchio e ci vede, effettivamente, un volto diverso dal proprio; quindi, ancor più sconvolto, estrae dal portafogli il documento d'identità: la foto è quella dell'uomo allo specchio, il nome Sean Fentress, di mestiere insegnante. Cosa sta succedendo? Neanche il tempo di domandarselo, e tutto salta in aria.
Quando riapre gli occhi è imbracato a bordo di una capsula, con davanti un monitor dal quale una donna, ufficiale dell'aeronautica, gli fa domande su ciò che ha visto e gli ricorda la missione da compiere: tornare indietro ad oltranza a rivivere gli 8 minuti che precedono l'esplosione, per individuare l'attentatore, comunicarne a lei l'identità, e così assicurarlo alla giustizia salvando Chicago (e il mondo intero) da successivi attacchi già minacciati.
Questo è ciò che accade nei primi 10 avvincenti minuti di Source Code, il nuovo lavoro di Duncan Jones, atteso alla conferma dopo aver esordito alla grande, nel 2009, con Moon, per il quale vennero scomodati mostri sacri come Stanley Kubrick e Andrej Tarkovskij.
Elemento caratterizzante del film è l'idea di partenza, che vede il protagonista spaziare tra realtà parallele, costretto a ripercorrere in lungo e in largo più volte lo stesso evento, come accadeva al meteorologo Bill Murray in Ricomincio da capo di Harold Ramis. Source Code si dipana così in una serie di paradossi spazio-temporali che Jones gestisce abilmente per gran parte della pellicola, concedendo allo spettatore la stessa prospettiva del protagonista, lavorando per accumulo e a ritmi sostenuti, aggiungendo progressivamente particolari, procedendo per livelli, sciogliendo gradualmente i nodi della vicenda e seminando indizi (talvolta anche troppo rivelatori), innestando poi sul robusto nucleo sci-fi/action un'altrettanto solida componente emotiva che dona a Colter/Sean una contagiosa aria da eroe romantico.
Oltre che per la vibrante direzione del regista inglese, che concilia senza apparente sforzo azione e introspezione, Source Code vale per l'interpretazione di Jake Gyllenhaal, bravo a rendere tanto lo smarrimento iniziale del protagonista quanto la sopravvenuta consapevolezza che porta lo stesso ad un'immedesimazione sempre maggiore con il proprio 'ospite', e per le ottime prove di Michelle Monaghan e Vera Farmiga, la prima nella parte dell'affascinante Christina, l'amica di Sean cui Colter presto s'affeziona, la seconda in quella di Colleen Goodwin, la donna dallo sguardo severo ma dal cuore tenero che ad ogni suo 'ritorno' gli appare in video spiegandogli il da farsi.
Source Code procede spedito e senza intoppi, sfoggiando un meccanismo ben oliato, per la quasi totalità del suo percorso. Peccato però s'inceppi proprio a cose fatte, ad un passo dal traguardo: pur avendo l'opportunità di chiudere la storia con un epilogo non banale e cinematograficamente appagante, la sceneggiatura di Ben Ripley vi rinuncia, preferendo arrovellarsi sul più bello, giocando col paradosso come fece (con esiti lussuosi) Christopher Nolan in Inception, ma, diversamente da questi, premendo il piede sull'acceleratore anziché puntare sul rigore, e barattando la compattezza della struttura narrativa con una conclusione traballante e superflua, obliquamente (e supinamente) allineata ai blandi parametri del buonismo hollywoodiano.
Poteva essere, per Duncan Jones, un altro gioiello di fantascienza 'umanistica'; resta un film comunque buono, girato con stile e strutturato con cura, ma parzialmente guastato da un finale di troppo. ***½

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