Regia di Jonathan Liebesman vedi scheda film
Mentre sto scrivendo queste righe siamo esattamente nel mezzo delle festività pasquali che, cinematograficamente parlando, non sono forse mai state tristi come quest'anno. Le uscite del week end di Pasqua si riassumono in tre titoli di pellicole una più brutta dell'altra. Era il momento giusto per recuperare un paio di film interessanti che mi ero perso (per es. il nuovo con Ben Stiller) ma ho dovuto rinunciare perchè si trattava di flop che gli esercenti avevano rapidamente smontato. A parte "Habemus papam", che mi riprometto di vedere entro tre giorni, le sale offrono in queste ore una programmazione desolante. In particolare le tre nuove uscite pasquali cui accennavo (tutte stroncate all'unanimità) mi hanno sfidato a scegliere tra esse la meno peggio. Scartati a priori l'irrilevante commediola con Brignano e il nefasto CappuccettoRosso in salsa Twilight, ho voluto tentare la sorte affrontando a mani nude il polpettone (due ore!) macho-bellico-catastrofico "World invasion". Roba da uomini veri, rudi e duri. E forse sarà perchè io invece sono uno smidollato pacifista, ma l'esperienza si è rivelata devastante, ponendomi a confronto con una pellicola ai confini del disgustoso. Per la serie "è un gioco sporco ma qualcuno deve pur farlo", sono entrato in sala con ben poche aspettative. Ebbene, quelle poche sono andate in frantumi nel giro di 5 minuti di proiezione. La netta impressione che si ha già dopo le prime immagini è quella di una sorta di documentario di propaganda (e non sto ironizzando) del dipartimento USA della difesa per promuovere il prestigio dell'esercito americano. I toni infatti sono quelli retorici della serie "i nostri bravi ragazzi", con una galleria di giovani traboccanti sentimenti veri e profonda umanità, mostrati anche nelle intime debolezze di ogni essere umano, giusto per renderli ancor più simpatici e credibili. Quindi elemento assoluto predominante dal primo minuto all'ultimo: una retorica patriottarda dilagante e inarrestabile. Un fiume in piena di stereotipi sui "servitori della Patria" e sugli "audaci" e "indomiti" ragazzi, tra l'esagerato e il grottesco. Questo film ha poi un'altra caratteristica, che ne rappresenta al contempo il punto di forza ma anche, alla fine, l'elemento più disturbante. Mi riferisco alla scelta, perseguita senza limiti di budget, a tutta birra, di voler rendere ogni attimo del film con assoluto realismo. Ora, capite bene che mostrare una vicenda assurda (qui siamo in pieno delirio fantacatastrofico) come fosse qualcosa di sensorialmente percepibile in tempo reale, beh, determina un corto circuito che fa, diciamo così, impazzire la maionese. Anche perchè poi, la produzione ha utilizzato tecniche digitali sofisticatissime ed accorgimenti d'ogni tipo (spesso stupefacenti) per collocare lo spettatore al centro degli eventi. In pratica io, seduto nella mia poltroncina, sono stato accerchiato per due ore da un sistema che (grazie anche ad un bombardamento sonoro rintronante) mi ha reso partecipe di una guerra tecnologica estrema tra i militari di Los Angeles e le truppe aliene dei "mostri venuti dallo spazio". In un tripudio di esplosioni, spari e frastuoni che mi hanno fatto venire il mal di testa. Ora, ragioniamo. Tra le varie funzioni del Cinema c'è anche quella di poter vivere sogni ad occhi aperti, provando esperienze fantastiche. Ma in questo ci sono anche dei limiti di buon senso, del quale qui si è ampiamente abusato, con l'effetto di prendere lo spettatore e trascinarlo, oserei dire brutalmente, dentro un'avventura talmente dozzinale, arida, meccanica, stupida, magniloquente, eccessiva...che alla fine genera irritazione. Non un secondo di poesia o di sentimenti autentici che non siano filtrati attraverso una rappresentazione costantemente ridicola e retorica. A supportare poi la scelta di mettere in scena il tutto come una "diretta dal fronte", ecco che gioca un ruolo determinante la presenza costante dei video-report della CNN, che alimentano un inquietante senso di "verità in tempo reale". E tutto questo palpitare, correre, ansimare, fremere, da una parte permette di vivere una straordinaria esperienza ansiogena, ma (prima parlavo di corto circuito...) quando si esagera si entra nel territorio della più spudorata pacchianeria. Impressione questa, supportata dalla reazione di una parte di pubblico alla proiezione cui ho assistito, che cominciava a sbuffare per la monotonia dello spettacolo (fermo restando che proprio questa ripetitività potrà forse soddisfare il gusto del pubblico più giovane). Questo è uno di quei rari film in cui potete, in qualunque momento, andare tranquillamente al bar a prendervi un gelato o fare una puntatina in bagno, con la certezza che quando rientrerete in sala non vi sarete persi nulla che possa confondervi il resto della visione: uscite che "battagliano" e rientrate che ancora stanno battagliando (a parte qualche tremendo siparietto sentimentale fasullo). Sorvoliamo poi su alcune barzellette tipo la dottoressa che, in quanto veterinaria, si occupa di curare solo animali ed alieni (chissà che scuola avrà fatto?). Il regista, tale Jonathan Liebesman, mi ha ricordato (in tutto e per tutto) lo stile di Michael Bay (e -credetemi- non è un complimento). E vedendo scorrere quelle immagini aride e senza poesia, ho rimpianto quel film geniale che è stato "District 9" (altra categoria!). E poi lasciatemi dire che ho un motivo personale in più per detestare questo film. Esso mi ha infatti mostrato due attori tra i miei favoriti in una veste in cui non li avrei voluti vedere mai. AAron Eckart, attore che ho sempre apprezzato, qua è un pezzo di legno, un personaggio cui una sceneggiatura infame ha affidato un carico di retorica intollerabile. E poi c'è quella splendida bellezza ispanica di Michelle Rodriguez, qui mortificata da un ruolo ridicolo che ne offende il talento e la femminilità. E chiudo con una notizia che ho appreso con qualche perplessità: il budget di questo film ha sfiorato i 100 milioni di dollari. Dico: ma vi rendete conto di quante cose si potevano fare con 100 fottuti milioni di dollari??
Voto: 3
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