Regia di Ralph Fiennes vedi scheda film
In the name of tragedy. Per il suo esordio dietro la macchina da presa, Ralph Fiennes opta per un testo Shakesperiano fra i meno noti e trasposti, giocandosi per giunta la carta dell’adattamento contemporaneo. Nulla di smaccatamente innovativo, basti pensare allo splendido Riccardo III di Richard Loncrane con Ian McKellen, ma una scelta comunque interessante e comprensibile, vista l’estrazione teatrale dell’interprete britannico. Sovvertendo le scelte stilistiche più prevedibili, il Nostro orchestra il suo Coriolano favorendo una messa in scena varia e ritmata, alternando finte riprese da reportage televisivo, per creare il contesto d’incertezza politica, a credibili sequenze di guerriglia urbana in cui emerge la figura del protagonista, fiero e inarrestabile condottiero mosso da cieca ambizione e innata superbia. Un (super)uomo d’azione, interpretato dallo stesso regista, fatto e cresciuto per la tirannia e quindi destinato ad essere respinto dal suo stesso popolo. Ascesa ed ovviamente caduta di un despota quanto mai moderno, immortalata fra colpi di stato a dimensione di talk show, caldeggiata da machiavelliche figure femminili e animata da una rivalità al limite del fraterno con il nemico di sempre, Aufidio. Fiennes concentra il dramma alimentando il mito fuori scena e sbattendoci l’imperfezione dell’uomo dritta in primo piano, fra esplosioni d’ira incontenibili e cedimenti da fanciullo mortificato. Il suo Caio Marzio, sul set come sulla pagina, vive di prepotenza divorando chiunque si trovi di fronte. Tutti tranne la madre, una maestosa Vanessa Redgrave.
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