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Trama

Un omaggio all'opera della straordinaria ballerina e coreografa Pina Bausch, interprete di una vera e propria rivoluzione all'interno della danza contemporanea.

Approfondimento

Pina. Lo sviluppo del progetto.

Wim Wenders rimase molto colpito e commosso quando, nel 1985, vide per la prima volta “Café Müller” della coreografa Pina Bausch. Il Tanztheater Wuppertal lo portò in scena a Venezia, in occasione di una retrospettiva dell’opera della Bausch. Dall’incontro fra questi due artisti è nata un’amicizia che è durata nel tempo e, più avanti, è nato anche il progetto di fare un film insieme. Purtroppo, la realizzazione del progetto è stata sempre rimandata per via dei limiti imposti dal mezzo: Wenders era convinto di non avere ancora trovato il modo di tradurre nella forma cinematografica l’arte fatta di movimento, gesto, parola e musica della Bausch. Nel corso degli anni, quel futuro progetto comune si era trasformato in un piccolo rituale tra amici, quasi un tormentone. Ogni volta che si incontravano la Bausch chiedeva a Wenders: “Quando?” E lui rispondeva. “Appena avrò trovato il modo…”

 

Il momento della svolta, per Wenders, è arrivato quando la band irlandese degli U2 ha presentato il suo film-concerto in 3D a Cannes. Wenders l’ha capito subito: “Con il 3D il nostro progetto si poteva realizzare! Solo così, incorporando la dimensione dello spazio, potevo tentare di portare sul grande schermo il teatro-danza di Pina.” Da quel momento, ha cominciato a visionare sistematicamente tutti i film in 3D della nuova generazione. E nel 2008, lui e Pina hanno ripreso il loro vecchio progetto e hanno scelto alcune coreografie per il film – “Café Müller”, “Le Sacre du printemps”, “Vollmond” e “Kontakthof” – che sono state inserite nel cartellone della stagione 2009-2010 della compagnia.


Dopo lo shock un nuovo inizio

Nei primi mesi del 2009, Wenders e la sua casa di produzione Neue Road Movies, insieme a Pina Bausch e alla compagnia Tanztheater Wuppertal, sono entrati in fase di pre-produzione. Ma dopo un anno e mezzo di intenso lavoro, e soltanto due giorni prima delle prove programmate per le riprese in 3D è successo l’impensabile: Pina Bausch è morta il 3 giugno del 2009, in modo del tutto improvviso e inaspettato. In tutto il mondo, i suoi ammiratori e gli amici del Tanztheater Wuppertal piangevano la scomparsa della grande coreografa. Wenders ha immediatamente interrotto il lavoro, convinto che il film, senza Pina, non si dovesse più fare.

 

Dopo un periodo di lutto e di riflessione, e incoraggiato da molti appelli internazionali, dal consenso della famiglia e dalla richiesta dello staff e dei danzatori della compagnia che stavano per cominciare le prove delle coreografie già scelte per il film, Wim Wenders ha deciso di andare avanti, anche senza Pina: il suo sguardo indagatore e affettuoso sui gesti e i movimenti degli artisti della sua compagnia e ogni singolo dettaglio delle sue coreografie erano ancora vivi e presenti, inscritti nei corpi dei suoi danzatori. Nonostante la grave perdita, era il momento giusto, forse l’ultimo, per portare tutto questo sul grande schermo.

 

Oltre a brani tratti dalle quattro produzioni di “Café Müller”, “Le Sacre du printemps”, “Vollmond” e “Kontakthof”, il film contiene filmati di repertorio di Pina Bausch al lavoro, inseriti in modo innovativo nel mondo tridimensionale realizzato da Wenders, come terzo elemento, insieme a diversi brevi assoli dei danzatori della compagnia. Per ottenere l’effetto desiderato, Wenders ha fatto ricorso al metodo delle “domande e risposte” che la stessa Bausch usava per creare i suoi lavori: poneva delle domande ai danzatori, che rispondevano non a parole ma con danze improvvisate o con il linguaggio del corpo. Danzavano sentimenti intimi ed esperienze personali che la Bausch usava come punto di partenza per elaborare le sue coreografie, in lunghe sedute di prove. Seguendo questo metodo, Wenders ha invitato i danzatori a esprimere i loro ricordi di Pina Bausch in esibizioni solistiche, che ha poi filmato in luoghi diversi di Wuppertal e dintorni: nella campagna del Bergisches Land, in uno stabilimento industriale, a un incrocio e sotto la ferrovia sospesa di Wuppertal. Questi luoghi danno un volto a ognuno dei danzatori della compagnia, e costituiscono un eccitante elemento polifonico accanto alle coreografie di “Café Müller”, “Le Sacre du printemps”, “Vollmond” e “Kontakthof”.

 

“Come tanti altri miei colleghi, a volte non mi capacito che Pina Bausch non sia più qui”, racconta la costumista storica del Tanztheater Wuppertal, Marion Cito. “C’è ancora una grande tristezza, in tutti noi. Ci vorrà del tempo perché passi. Però sentiamo che Pina vive nei suoi lavori. Tutto quello che faccio, lo faccio per Pina. Questo aiuta. Sono molto felice che Wim abbia deciso di fare questo film, alla fine, perché è un progetto a cui Pina teneva molto”.

Ripartire da zero

Pina non è solo uno dei primi film europei in 3D, è anche il primo film d’autore in 3D. Il produttore Gian-Piero Ringel ha dovuto affrontare un’impresa tutt’altro che facile: “Con Pina siamo entrati in un territorio vergine, inesplorato, sia dal punto di vista delle tecnologie che del genere artistico. E’ stato un problema perfino trovare i tecnici in grado di sviluppare e realizzare materialmente il progetto, perché erano pochi”. Oggi come oggi, attraverso l’uso del 3D si sta sviluppando un nuovo linguaggio cinematografico che rappresenta una sfida per qualsiasi produttore. “Molti altri registi esitano ancora a lavorare in 3D, perché non esistono modelli di successo. Noi volevamo essere dei pionieri in questo campo”.

 

Ma conquistare un nuovo territorio è faticoso: “Nessuno di noi sapeva come si realizza un film di danza in 3D: abbiamo dovuto prepararci, documentarci, imparare”, racconta il produttore del 3D Erwin M. Schmidt. Che prosegue: “Così, strada facendo, abbiamo acquisito gli strumenti tecnici per preparare e girare il film, e per curare la post-produzione”.

 

“Il 3D apre al Tanztheater prospettive completamente nuove”, ha dichiarato entusiasta  Dominique Mercy, uno dei due direttori artistici del Tanztheater Wuppertal, durante le riprese del film. “Lavorare a questo progetto con Wim Wenders e la sua troupe è un’esperienza meravigliosa. Un grande viaggio comune di esplorazione. Wenders continua a scoprire nuove chiavi espressive per il Tanztheater, e noi scopriamo un modo completamente nuovo di lavorare, insieme alla troupe. Sul set c’è un’atmosfera molto creativa”.

 

“Con la nuova tecnologia 3D, Wenders prosegue il lavoro del Tanztheater, che è sempre stato quello di oltrepassare i confini”, spiega Peter Pabst, scenografo del Tanztheater Wuppertal dal 1980 e scenografo del film. “Varcare il confine tra il palcoscenico e lo spettatore è una parte importante della coreografia. C’è un coinvolgimento costante tra il pubblico e i danzatori, che a volte scendono fisicamente dal palco. Questo coinvolgimento è stato sempre un elemento centrale nel lavoro di Pina: per essere completa, una coreografia deve coinvolgere la mente, gli occhi, il cuore e i sentimenti del pubblico”.

 

Con questo film, Wenders ha conquistato una nuova dimensione cinematografica. Ma ha anche dichiarato: “La terza dimensione ci è servita, è vero, ma abbiamo cercato di fare in modo che questa ‘conquista dello spazio’ passasse inosservata. La plasticità non deve attirare troppo l’attenzione, deve quasi scomparire per lasciare emergere l’arte di Pina”.

 

Le riprese

 

Il film Pina è stato girato a Wuppertal in tre fasi: nell’autunno del 2009, e in primavera ed estate del 2010. Nella prima fase, “Café Müller”, “Le sacre du printemps” e “Vollmond” sono stati eseguiti dal vivo sul palco del Teatro dell’Opera di Wuppertal, in alcuni casi col pubblico, e registrati per intero. La complessa registrazione in 3D è stata resa ancora più impegnativa dalle difficoltà delle riprese dal vivo, perché la registrazione non poteva essere interrotta o ripetuta. Un procedimento che ha richiesto un grosso lavoro di preparazione e pianificazione.

Per la composizione della immagini in 3D Wenders ha arruolato uno dei massimi esperti e pionieri della stereografia 3D, Alain Derobe. Derobe ha messo a punto una speciale attrezzatura da ripresa montata su una gru. Per creare la profondità di un ambiente è molto importante seguire da vicino i danzatori. “Di solito, in un film di danza, piazziamo le cineprese davanti al palcoscenico”, spiega Derobe. “Per Pina, invece, le abbiamo messe in mezzo ai danzatori. La camera danza letteralmente con loro. Quindi, ogni membro della troupe doveva conoscere la coreografia, sapere esattamente come si sarebbero mossi i danzatori perché la cinepresa potesse seguirli senza intralciare”.

 

Derobe è stato affiancato da François Garnier, come supervisore, anche lui entusiasta all’idea di affrontare la sfida della danza in 3D. “Non possiamo interrompere il ballerino mentre danza, dobbiamo filmare sequenze più lunghe. Il problema è restargli sempre vicini con la cinepresa, anche quando si muove.” Nonostante le difficoltà, Garnier è sicuro del mezzo: “Poiché la danza è per sua stessa natura movimento nello spazio, la tecnologia 3D è il mezzo ideale per riprodurla. E’ in grado di offrire tutto lo spazio, tutta l’azione e tutto il movimento –  una sensazione fisica molto più efficace di qualsiasi altra riflessione intellettuale. Col 3D, il cinema fa un salto di livello”.

 

Nella seconda fase della lavorazione, la troupe ha ripreso un altro classico della prima Bausch, “Kontakthof”, stavolta senza il pubblico. Wenders lo ha filmato nei tre diversi cast voluti dalla coreografa: con la compagnia del Tantztheater Wuppertal, con uomini e donne fra i 65 e gli 80 anni e con adolescenti dai 14 anni in su. Per gli assoli, i danzatori della compagnia hanno abbandonato lo spazio scenico e si sono esibiti in luoghi pubblici, stabilimenti industriali, nelle campagne del Bergisches Land e sotto la ferrovia sospesa di Wuppertal.

 

Wim Wenders su Pina Bausch

«No, non c’era nessun uragano che spazzava il palcoscenico c’erano solo… persone che danzavano, che si muovevano in modo diverso da quello che conoscevo e che mi commuovevano come mai nient’altro prima.

Dopo pochi istanti avevo già un groppo in gola, e dopo qualche minuto di stupore incredulo ho dato libero sfogo ai miei sentimenti, e ho pianto senza ritegno.

Non mi era mai successo… Forse nella vita, a volte al cinema, ma non guardando le prove di uno spettacolo — di danza, per giunta.

Quella non era danza, né pantomima o balletto,  e meno che mai opera.

Pina è, lo sapete, la creatrice di una nuova arte.

Il Tanztheater – teatro-danza».«Pina vedeva col cuore, fino allo sfinimento, non si risparmiava.

E guardando, strizzava gli occhi, così pieni di affetto e di senso critico insieme.

Ma sempre amorevole, senza mai esporti.

Sostenendoti, senza giudicare.

“Bisogna essere crudeli per essere gentili”, dice un bel verso di una canzone di Elvis Costello.

La più grande delle arti, nell’interazione con gli altri, è tirare fuori il meglio da ognuno e renderlo visibile.

In questo, Pina era straordinaria.

Voi danzatori lo sapete meglio di me.

Siete stati per anni, molti di voi per decenni,

l’orchestra dello sguardo di Pina ? ognuno uno strumento unico.

Lei ha permesso a ognuno di voi, con amore ma anche con rigore, di non nascondere il meglio di sé, e rivelarlo.

E ha permesso a noi, il suo pubbico, di condividere il suo sguardo e aprire gli occhi, per vedere noi stessi e il linguaggio nascosto dentro di noi».

 

Dal discorso tenuto alla commemorazione di Pina Bausch il 4 settembre 2009 al Teatro dell’Opera di Wuppertal.

 

IL TANZTHEATER WUPPERTAL PINA BAUSCH

Gli inizi sono stati difficili per Pina Bausch, quando ha assunto la direzione del Dipartimento Danza del Wuppertal Theater, per la stagione 1973/74: la forma di spettacolo che aveva sviluppato nel corso degli anni, una combinazione di danza e teatro, era troppo insolita. I suoi artisti non danzavano soltanto, parlavano, cantavano, a volte piangevano o ridevano anche. Ma questa sua svolta non-convenzionale alla fine ha prevalso. Da Wuppertal è partita una rivoluzione che ha emancipato e ridefinito la danza in tutto il mondo. Il Tanztheater si è affermato come un fenomeno artistico a sé, che ha influenzato sia il teatro che il balletto classico, oltre a tanti coreografi internazionali. Un successo che dipende dal fatto che Pina Bausch ha messo al centro del suo lavoro un bisogno universale: il bisogno di amore, di vicinanza, di sicurezza. Per questo, ha sviluppato una forma di lavoro aperta, in grado di incorporare le più diverse influenze culturali. Nelle sue escursioni poetiche ha indagato quello che più ci avvicina al nostro bisogno di amore e quello che ce ne allontana. Il suo è un teatro globale che non ha la pretesa di insegnare niente al suo pubblico, piuttosto vuole offrirgli esperienze: gioiose o malinconiche, gentili o conflittuali, a volte perfino buffe e stravaganti. Sono immagini vivide e toccanti di paesaggi interni che esplorano a fondo la condizione umana senza mai abbandonare la speranza che il bisogno di amore trovi soddisfazione. Speranza e realismo sono elementi centrali nel teatro-danza di Pina Bausch: ogni suo lavoro è legato a situazioni che gli spettatori conoscono o che potrebbero conoscere in prima persona. Le opere create da Pina Bausch nei suoi 36 anni a Wuppertal offrono un ritratto lucido e spietato della realtà, ma al tempo stesso incoraggiano ognuno di noi a perseguire i suoi sogni e i suoi desideri. E il Tanztheater Wuppertal porterà avanti il suo lavoro, in futuro, con lo stesso rigore di sempre.

 

 

Quattro lavori di Pina Bausch per il film

 

LE SACRE DU PRINTEMPS (1975)

“Le sacre du printemps” è uno dei primi lavori di Pina Bausch, tra i più rappresentati e applauditi dopo “Iphigenie auf Tauris” e “Orpheus und Eurydike”. L’intero palcoscenico è ricoperto di pece fino all’altezza della caviglia di un piede nudo, così che tutti i movimenti dei danzatori lascino una traccia. A poco a poco, l’ambiente si modifica e diventa un’arena arcaica in cui uomini e donne si combattono fra loro. Una donna alla fine sarà sacrificata secondo un preciso rituale. La musica ritmica di Igor Stravinsky amplifica la violenza della dinamica del gruppo e a poco a poco spegne tutte le reazioni individuali.

 

KONTAKTHOF (1978 / 2000 / 2008)

Per molti versi, “Kontakthof” potrebbe essere considerato la summa dell’opera di Pina Bausch. L’azione si svolge in un ambiente unico, una grande sala da ballo o teatro. La sala è completamente vuota: davanti, è aperta al pubblico, come in un peep-show, e sugli altri tre lati sono sistemate lunghe file di sedie. Uomini e donne siedono allineati contro le pareti. Lentamente si alzano per venirsi incontro. Alcuni si muovono circospetti, altri di slancio, con irruenza. A volte sulla pedana c’è una sola coppia, a volte tutti e trenta i ballerini dell’ensemble. Pina Bausch ha creato questo lavoro nel 1978. Lo ha ripreso anni dopo, nel 2000, ma stavolta con danzatori non-professionisti — per la precisione, anziani dai 65 anni in su. Questa scelta ha fatto (e fa ancora) scalpore, perché mette in discussione e modifica radicalmente la nostra percezione degli anziani, di cose come la bellezza, la grazia, la mortalità, la compassione, l’emozione e la passione. Otto anni dopo, nel 2008, la Bausch ha affidato l’esecuzione di “Kontakthof” ad adolescenti tra i 14 e i 18 anni. Gli stessi gesti e gli stessi movimenti assumevano ancora nuovi significati. Lo spettatore si trova di fronte a se stesso, alla sua vita — con le sue paure, i suoi sogni, le sue proiezioni.

 

CAFÉ MÜLLER (1978)

“Café Müller” è un lavoro quasi minimalista, interpretato da sei danzatori/interpreti. La scena è uno spazio spoglio e grigio, ingombro solo di tavolini e sedie da bar. Gli interpreti si cercano, ma i loro movimenti sono lenti e impediti dagli oggetti che incontrano. Si muovono come sonnambuli, con gli occhi chiusi, restando estranei, ciechi gli uni agli altri. Solo un uomo ha gli occhi aperti e cerca di aiutare gli altri a trovarsi, aprendo freneticamente dei varchi in quella foresta di sedie. Sulla musica malinconica di Henri Purcell, “Café Müller” racconta un mondo onirico fatto di solitudine e desiderio.

 

VOLLMOND (2006)

“Vollmond” illustra perfettamente il genio artistico di Pina Bausch, valorizzato da una musica esuberante e dalle splendide scene di Peter Pabst, suo collaboratore storico. La scena è dominata da un grande masso e da un fossato che la taglia a metà, come un fiume. Dodici danzatori si muovono in questo scenario argenteo, alla ricerca febbrile dell’amore, esposti a pioggia e tempeste. Anche qui, al centro di tutte le relazioni c’è una lotta (o una guerra) tra i sessi. Una lotta che, come in tutti i nuovi lavori della Bausch, può condurre a situazioni che vanno dalla leggerezza comica al terrore. La coreografia inizia giocosa, per poi farsi sempre più scatenata e selvaggia fino allo sfinimento dei danzatori.

 

Note

Un documentario che trasuda la passione e l’affetto di un omaggio sentito, capace attraverso l’intensità e la varietà dei balli e delle ambientazioni, di reinventarsi ogni pochi minuti e ammaliare anche lo spettatore più disinteressato. Il 3D trova dunque un’applicazione d’autore e Wenders ne sfida i limiti nel rappresentare il movimento, scegliendo focali ampie che mimino le caratteristiche dell’occhio umano e facendo danzare anche la macchina da presa, per mantenere vivo il senso della profondità. Come se regista e coreografa dialogassero un’ultima volta in un ballo a due.

Trailer

Commenti (6) vedi tutti

  • Straordinario omaggio a una grande artista. Malignamente si potrebbe sostenere che Wenders, cinematograficamente, sopravvive parassitando il talento altrui ma nel caso presente il lavoro fatto sulla compagnia della Bausch è intelligente, estremamente coinvolgente ed emozionante.

    commento di michel
  • Pina aveva un modo suo di guardare le cose e questo mi affascinava molto, dava ampio spazio ai movimenti e all’espressione: non avevamo mai visto una cosa del genere. Nulla le si poteva nascondere, sapeva guardare attraverso le persone, con una enorme accuratezza, e un enorme amore. (Wim Wenders)

    leggi la recensione completa di yume
  • Documentario magari anche per intenditori della Danza Classica ma comunque anche per persone non dentro nel discorso danzereccio risulta lo stesso visionabile e proposto in maniera semplice e fruibile.voto.6.

    commento di chribio1
  • …non sempre convinto dalle sue opere (specie le ultime!), in questo film wenders supera se stesso!!!

    commento di vjarkiv
  • Film suggestivo,realizzato a regola d'arte, ma sono rimasta piuttosto delusa per il fatto che ci sono poche immagini di repertorio relative proprio a Pina. Poche interviste a Pina stessa.

    commento di fefy
  • E' UN BELLISSIMO AFFRESCO DELL'ARTE DELLA GRANDE COREOGRAFA: UN OMAGGIO ALLA SUA MEMORIA.

    commento di fralle
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yume di yume
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COSÌ DANZAVANO UNA VOLTA, IN ARMONIA, LE FANCIULLE DI CRETA, CON I DELICATI PIEDI, INTORNO ALL'AMOROSO ALTARE, DELICATO FIORE D'ERBA TENERAMENTE CALPESTANDO Saffo _______________________________________________   Philippine Bausch, detta Pina, aveva danzato fino a quindici giorni prima, ma il suo ultimo ballo per il festival di Spoleto, a luglio di quell’anno, Bamboo… leggi tutto

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barabbovich di barabbovich
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Amici di lungo corso, entrambi tedeschi, Wim Wenders e Pina Bausch si incontrano finalmente al cinema in un'opera che è più merito della seconda, morta di cancro nel 2009, che del primo. Wenders sperimenta per la prima volta il cinema in 3d, esalta le straordinarie coreografie dell'artista di Wuppertal, condisce tutto con una straordinaria colonna sonora ma firma un'opera che non è… leggi tutto

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mm40 di mm40
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Pina è l'omaggio che l'amico Winders fa all'amica Bausch, nonchè ai suoi sostenitori; se non siete ferrati in materia, invece, e pensate di guardare questo film per saperne di più sulla coreografa tedesca, sulla sua vita o sui suoi lavori, bene: cambiate pure programma per la serata. Perchè in Pina, che non sarebbe sbagliato definire agiografia dell'appena defunta (estate 2009) artista, non… leggi tutto

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stefanocapasso di stefanocapasso
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Wim Wenders porta in scena una straordinaria interprete della danza, Pina Bausch, coreografa, danzatrice e creatrice del Tanztheater di Wuppertal. Pina Bausch aveva una incredibile capacità di “vedere” quello che gli altri non vedevano: vedeva capacità e possibilità nei suoi stessi artisti prima ancora che loro potessero rendersene conto. Proprio sul meccanismo…

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tobanis di tobanis
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Di danza moderna e di balletto in generale, io non so un tubo. Le mie competenze si fermano ai Momix e a Pendleton. So che è esistita una che si chiamava Martha Graham, ricordo un album dei Talking Heads in collaborazione con la coreografa Twila Tharp, mi è noto il nome di Maurice Bejart…insomma sono un analfabeta danzereccio. E sapevo che era esistita una tizia chiamata Pina Bausch. Beh,…

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scena
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EightAndHalf di EightAndHalf
8 stelle

L'occhio di Wenders danza con i ballerini nel suo nuovo capolavoro, che non è soltanto un atto di amore verso un tipo di arte, o una dedica a Pina Bausch, ma rientra perfettamente nei canoni del suo cinema: le tendenze meta-artistiche di Wenders ci sono sempre state, dalle fotografie di "Alice nelle città" al suono di "Lisbon Story". Non c'è storyline, in "Pina", ma un grande senso di…

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ethan di ethan
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Sentito tributo di Wim Wenders all'arte di Pina Bausch, coreografa, danzatrice e direttrice del Tanztheater di Wuppertal, città nella quale è morta nel 2009. Il regista tedesco si è approcciato alla materia alternando momenti in cui mostra le evoluzioni - molto dure dal punto di vista fisico - dei ballerini sul palco o in esterni ad altri dove sono gli stessi membri della Compagnia a parlare…

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steno79 di steno79
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Ho visto "Pina" con grande curiosità, dopo averne letto segnalazioni entusiastiche da parte di firme prestigiose come Morandini, che gli assegna le 5 stelle, per lui rarissime, del capolavoro (nel suo dizionario viene definito "un'esperienza abbacinante", "un 3D superiore a quello di Avatar"). Il film di Wenders è un omaggio sincero all'arte di Pina Bausch, senz'altro una delle maggiori…

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