Regia di Marc Webb vedi scheda film
Il giovane Peter Parker, appassionato di scienze e fotografia, viene punto da un ragno all’interno di un laboratorio gestito dal dottor Connors in cui si tengono segretamente esperimenti per creare una specie geneticamente perfetta. L’innocuo Peter si trasforma nel leggendario uomo-ragno, non prima di essersi innamorato di Gwen, figlia del capo della polizia ed assistente di Connors al laboratorio…
Raramente un film, specie se un remake, ha mostrato una tale sicumera nel rapportarsi con gli epigoni. Di solito quando una storia è già stata portata sul grande schermo (per di più funzionando al punto da produrre due sequel) il suo rifacimento può essere oggetto di timori (talvolta addirittura reverenziali). Questo scotto non l’hanno dovuto pagare Marc Webb (regia) ed Andrew Garfield (protagonista), nel realizzare questo “The amazing Spider-Man”. E questo perché, oltre all’universalmente riconosciuto pessimo valore della trilogia firmata da Sam Raimi e interpretata da Tobey Maguire, è da attribuirsi alla “carta bianca” data allo sceneggiatore James Vanderbilt, che, a parte alcune direttive del regista, ha potuto spaziare tra la serie classica e quella “Ultimate” del fumetto. Ne è venuto fuori un personaggio atipico, un ibrido che, a conti fatti, farà storcere il naso ai puristi del fumetto, ma che cinematograficamente funziona. Ottima prova di Marc Webb dietro la macchina da presa, che si aiuta per la spettacolarizzazione con numerose, suggestive inquadrature in soggettiva (a causa o per valorizzare il 3D), mentre la sceneggiatura riesce a scremare l’azione dal pesante fardello degli effetti speciali totalizzanti, concedendo molto spazio al Peter Parker-uomo. Menzione speciale per la strepitosa tuta di Spider-Man! Di rilievo anche la prova di Andrew Garfield: faccia da ragazzino qualunque, ma grande duttilità nel doppio ruolo di studente e supereroe; il suo Spiderman è più vulnerabile (diverse le ferite subite), più umano (tanti sentimenti ed emozioni), ma soprattutto (e non si sa quanto sia un bene) la cui identità è troppo poco misteriosa (ne vengono a conoscenza l’antagonista, la fidanzata, addirittura il capo della polizia). Brava anche Emma Stone (che interpreta Gwen), la quale, aiutata da occhioni mozzafiato, dimostra un’ottima espressività in tutti i frangenti.
Una sola domanda rimane senza risposta: ci sarà tempo nel secondo capitolo (inevitabile, nonché inequivocabile dopo la – modaiola - appendice durante i titoli di coda) per vendicare la morte di zio Ben?
Saggio reboot con cui legittimamente si prova a far dimenticare l’obbrobrio di Raimi. Le premesse ci sono tutte: buona la prima!
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