Regia di Guy Ritchie vedi scheda film
Se alle sue origini il cinema era totalmente documentaristico, oggi si può affermare senza tema di smentite che la settima arte è quasi completamente avvezza alla finzione. Le differenze fondamentali stanno certamente nell’originalità delle vicende (reali nel primo caso, fittizie nel secondo) ed il trattamento delle immagini (il più possibile neutrali nel primo caso, volutamente artefatte nel secondo).
La saga (anche se finora siamo a soli due episodi) dello Sherlock Holmes griffato Guy Ritchie è senza dubbio una serie di valore storico. Ritchie come Meliès, mutatis mutandis. L’evoluzione (o l’involuzione per chi non ama certe derive da spot televisivo) dal “semplice” cinema di finzione, seppur con tutti i suoi orpelli tecnici (da Brian De Palma ai giorni nostri), a questa nuova dimensione cinematografica, concentra i propri sforzi proprio nello sfrontato artificio dell’immagine; così come nel primo film della serie, Ritchie riempie lo schermo con barocchismi tecnici più di quanto non lo faccia con gli attori. Ne guadagna lo spettacolo, ma per chi nel dancefloor non si lascia abbindolare dal fascino delle luci stroboscopiche ma guarda alla tecnica della danza, è chiaro che la delusione sia notevole. L’insensatezza di accomunare questo film al personaggio di Sherlock Holmes ci fa tornare alla mente il “Dylan Dog” messo in scena da Kevin Munroe qualche tempo fa.
In tale contesto non ha grande importanza il dispiegarsi della trama (intricata, frenetica, quasi completamente “on the road”): ciò che fa universalmente storcere il naso è l’aver trasformato Sherlock Holmes, uno dei personaggi meglio caratterizzati della storia della letteratura mondiale, in una sorta di superuomo vicino più allo Starks di “Iron man” che al personaggio di Conan Doyle. Questo non è Sherlock Holmes: non lo è per l’abbigliamento, per le ambientazioni, addirittura non lo è per carattere. L’istrionismo sostituisce la flemma ed è indubbio che questo Holmes non può che interpretarlo Robert Downey Jr., a cui il personaggio è cucito addosso sartorialmente (quasi quanto la tutina mimetica che rende Holmes un camaleonte). Ma è un film che soddisfa anche i più agguerriti detrattori, perché è un blockbuster puro e semplice.
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