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La pelle che abito

Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La pelle che abito

di laulilla
7 stelle

Quasi un teorema travestito da mélo.

l principale personaggio del film è il chirurgo Robert (Antonio Banderas), uomo che ha alle spalle una storia complicata: il suo passato familiare gli verrà rivelato (come nella tragedia classica) dalla domestica Marilia (Marisa Paredes), che lo informerà anche del fratello Zeca (Roberto Alamo), di cui ignorava l’esistenza, al quale lo accomuna una vena di perversa follia. Nel corso del film scopriremo perché Robert avesse voluto vendicare atrocemente il suicidio di Norma, la figlia amata, e scopriremo anche quanta ambigua crudeltà egli celasse dietro la bella facciata della sua clinica di lusso, apparentemente senza segreti, nella quale egli conduceva i suoi esperimenti audaci sugli esseri umani, sfidando, insieme a un’equipe di colleghi spregiudicati, le leggi della morale corrente, e quelle dell’umana solidarietà, cercando, tuttavia, l’approvazione degli scienziati da cui attendeva il pieno riconoscimento dei suoi meriti professionali.

Un po’ Prometeo, un po’ Frankenstein, il folle Robert aveva utilizzato le proprie conoscenze per trasformare il giovane Vicente (Jan Comet), presunto stupratore della figlia, in un essere diverso nel sesso e nell’identità, dopo averlo catturato, sequestrato e imprigionato nei sotterranei della bella clinica, per sottoporlo a vagino-plastica, preoccupandosi di trasformarne la pelle, per renderla resistente al fuoco e “creando” Vera (Elena Anaya), senza riuscire, però, a farne una donna senza memoria di sé, del proprio vissuto e dell’ingiustizia subita.

 

Riannodare i vecchi legami affettuosi non è difficile, però, quando gli essseri umani sanno resistere all’empia presunzione di chi crede sia semplice cancellare nostra più profonda identità, come ricorda Montale (Dora Markus)

 

…………… e un interno

di nivee maioliche dice

allo specchio annerito che ti vide

diversa una storia di errori

imperturbati e la incide

dove la spugna non giunge.

 

 

 

I numerosi richiami del film ai miti presenti nella cultura classica e nel teatro antico, dunque, costituiscono l’insostituibile patrimonio della nostra collettiva identità, la nostra vera pelle, anche in una società, come quella in cui viviamo, in cui numerosi apprendisti stregoni cercano di allontanarne la memoria sacrificandola alla piatta omologazione dei consumi e del denaro.

 

Il film è molto ricco, oltre che di citazioni cnematografiche*, teatrali e letterarie, di colpi di scena e di invenzioni; di flashback e ricostruzioni che il regista domina con lucidità, cosicché, alla fine della visione, tutte le tessere del complicato mosaico si incastrano offrendoci, con i loro colori e con la loro varietà, il quadro completo degli eventi, come un teorema, forse anche troppo razionalmente preordinato.

 

*Numerose le suggestioni e i rimandi ai noir e ai mélo degli anni ’30 e ’40, oltre che, come ha dichiarato lo stesso Almodovar, un voluto omaggio a Buñuel all’avvio del film, collocato nell’esatto punto di Toledo dal quale inizia Tristana.

 

 

 

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