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Misery non deve morire

Regia di Rob Reiner vedi scheda film

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La recensione su Misery non deve morire

di Baliverna
8 stelle

Uno scrittore di romanzetti seriali di terz'ordine si trova a deludere, col suo ultimo libro, una sua affezionata lettrice.

Poteva essere una delle tante pellicole tratte da Steven King, di qualità mediocre e subito dimenticate, e invece Rob Reiner ha saputo farne un'opera valida e accurata, essenziale coinvolgente. Il regista è uno che crede nelle potenzialità delle tecniche di ripresa e di montaggio per creare la suspense.

Quanto a essenzialità, la trama è ridotta al solo necessario, intendendo con ciò l''assenza di inutili orpelli e stereotipi da thriller.

E infatti il film ha retto al passare degli anni, e ha le carte per piacere ancora oggi.

Quanto ai personaggi, forse si poteva definire un po' meglio il protagonista; paradossalmente, infatti, meglio di lui risulta tratteggiato il personaggio dello sceriffo, che è marginale. Non è comunque un grave difetto, anche perché siamo tutti impegnati a capire che razza di persona sia l'infermiera-aguzzina. In generale, sembra una persona con disturbo bipolare: è morigerata nel vestire, ma è perversa dentro; è molto religiosa, ma uccideva i neonati del reparto maternità dove lavorava; dice di amare lo scrittore, lo copre di riguardi e attenzioni, ma anche lo segrega in casa e lo tortura... In generale, pare che dentro di lei covi una rabbia furente, che nasconde dietro i modi compiti, e i vestiti quasi da suora.

La sua ira forse trae origine dall'essere stata abbandonata dal marito, evento che evidentemente le ha fatto provare rabbia più che dolore.

James Caan, vecchia volpe, è bravo, ma è Kathy Bates a fare la leonessa. La sua scelta è stata vincente anche dal punto di vista fisico: una bellona da poster, come altre sue colleghe dell'epoca, non avrebbe funzionato come donna sola e frustrata, apparentemente innocua, ma furente come un vulcano che sta per esplodere. Penso che pochi potrebbero contestare l'Oscar che la Bates vinse per il ruolo.

A margine, due parole sul tema di un certo genere letterario a stelle e strisce, specie seriale, sbarcato anche in Europa: non si tratta di buona letteratura che accultura il pubblico, ma di una specie di droga che può anche deformare la mente di chi legge. Romanzetti semplici e superficiali, scritti con furbizia e sagacia, che si leggono solo per sapere come andrà a finire, e creano una specie di dipendenza nel lettore, e magari danneggiano le menti instabili. Questo modo di fruire la letteratura ha attirato anche l'attenzione di John Carpenter, che lo ha espresso ne “Il seme delle follia” (capolavoro, secondo me). Entrambe le pellicole sembrano definire i romanzetti spazzatura come un problema sociale, tutt'altro, cioè, che un sano intrattenimento.

 

 

 

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