Regia di Måns Mårlind, Björn Stein vedi scheda film
L’eccesso è un cattivo consigliere, così il duo svedese Marling e Stein fatica a tenere insieme una sceneggiatura che a forza di allargare il tiro, ed inserire personalità multiple a getto continuo, finisce solo con il portare avanti un dannoso accumulo.
Cara (Julianne Moore) viene invitata da suo padre a visitare un paziente (Jonathan Rhys Meyers) affetto da problemi di personalità multipla.
E’ fin da subito convinta che sia tutta una montatura, ma cominciando ad indagare scopre che dietro i nomi impersonificati dal paziente vi sono uomini assassinati, mentre intorno a lei i suoi affetti più cari cominciano ad ammalarsi.
Una volta si diceva piatto ricco mi ci ficco, purtroppo questo film non rispetta affatto l’invito in questione, ovvero pur possedendo diverse caratteristiche suggestive, il complesso finisce col vagheggiare cascando in più di una trappola.
Partendo dagli aspetti trattati, la storia trae origine da un caso di personalità multipla, ma lungo il percorso viene inserito praticamente tutto quanto si possa trovare guardando svariati titoli del genere thriller paranormale (e non solo).
Così abbiamo presenze ultraterrene, rimandi da un passato arcaico, simboli tribali, riti propri di veri santoni, malattie che precedono un rapido trapasso,ombre notturne e congetture (o diagnosi come si dice nel film) sull’origine dei problemi psichiatrici.
Decisamente troppa carne al fuoco che si sormonta continuamente, creando anche delle suggestioni importanti (ed infatti non annoia affatto, semmai il problema è che si rimane storditi), ma finendo allo stesso tempo col risultare diverse volte risibile (alcune soluzioni e/o deviazioni sono studiate proprio male).
Peccato, perché in questi casi la prima regola sarebbe quella di concentrarsi meglio su pochi aspetti, ma buoni e curati, cercando uno sviluppo con il minor numero di smagliature possibili, e perché esteticamente i registi svedesi sembrano proprio conoscere il fatto loro grazie a una buona scelta, cura e valorizzazione degli spazi con una messa in scena che fornisce un valido apporto.
Insomma Shelter è più che altro uno spreco (di riferimenti, ma anche di ottimo materiale umano, vedasi la presenza costante in scena di Julianne Moore), non un film inguardabile (anzi, se non ci si pone interrogativi ha anche molti momenti di buona presa), ma il classico esempio di come si possano affossare inopinatamente le potenzialità di una produzione che vantava vari punti di forza.
Inutilmente temerario.
Esteticamente sono più che discreti (riescono a creare alcuni momenti che presi singolarmente hanno un loro potenziale), ma annaspano in uno script difficilmente gestibile e parecchio lacunoso.
Rivedibili.
Esteticamente sono più che discreti (riescono a creare alcuni momenti che presi singolarmente hanno un loro potenziale), ma annaspano in uno script difficilmente gestibile e parecchio lacunoso.
Rivedibili.
Si impegna parecchio, ma è assai difficile remare contro corrente per buona parte del film.
In ogni caso non è certo l'anello debole della situazione, anzi.
Quasi discreta.
Il ruolo lo mette costantemente sotto pressione e pur riuscendo ad avere delle espressioni poco rassicuranti non convince più di tanto (e sicuramente lo script lo penalizza parecchio).
Se non altro ce la mette tutta.
Piccola parte, è il padre di Cara, nella quale non sfigura.
Partecipazione non significativa, ma anche lei non sfigura.
Nei panni del fratello di Cara.
Ne carne ne pesce.
E' la figlioletta di Cara, un personaggio poco fortunato.
Lei desta un'impressione tutto sommato positiva.
Parte limitata nella quale è difficile far danni.
Nei panni del detective della situazione.
Sufficiente.
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