Regia di Alister Grierson vedi scheda film
Il titolo recita lapidariamente: "Sanctum 3D". Come dire: speleologia stereoscopica. Proprio così perché l'ambizioso lungometraggio diretto da Alister Grierson è sì un discreto film d'avventura che punta molto su ambientazioni claustrofobiche e fascino della scoperta ma è anche una produzione targata James Cameron che, per l'occasione, mette a disposizione l'armamentario tecnico utilizzato per il celeberrimo "Avatar". Un' eredità di quelle ingombranti che il quasi debuttante regista australiano riesce tutto sommato a gestire e sfruttare a suo favore. Siamo in quel della Nuova Guinea, più precisamente all' interno di Esa-Ala, una delle grotte più grandi del mondo. L'esploratore subacqueo di fama internazionale Frank McGuire è intento a districarsi fra cunicoli e pericolose immersioni all'ostinata ricerca di un luogo ancora incontaminato dal passaggio dell'uomo e, a dirla tutta, lo raggiunge, giusto pochi istanti prima che in superficie si scateni una tempesta ciclonica destinata a sommergere tutto. Intrappolato nelle viscere della terra in compagnia della propria squadra di ricercatori e di un figlio non troppo amorevole, ha inizio la corsa contro il tempo per trovare una via d'uscita alternativa prima che sia troppo tardi. Scritto senza troppa fantasia ma ben ritmato e dotato di un buon impatto spettacolare nelle scene chiave, "Sanctum" si dipana abbastanza linearmente - nonostante il finale preannunciato dalla prima sequenza - alternando incidenti, imprevisti e complicazioni che vanno via via decimando i protagonisti. Sostanzialmente prevedibile, il plot è tuttavia arricchito dalle sfumature psicologiche dei vari personaggi che, nonostante la situazione limite, riescono a trasmettere emozioni contrastanti attraverso dinamiche come la passione per la ricerca, il cameratismo, l'istinto di sopravvivenza, il sentirsi in trappola, il senso di appartenenza, dolore, terrore ed ovviamente amore. Grierson, da parte sua, cede a qualche ingenuità di troppo, soprattutto sul fronte sentimentale, ma gli va riconosciuta una discreta abilità nelle sequenze acquatiche (ma anche in quelle aeree della parte iniziale) che, grazie agli innovativi mezzi tecnologici gentilmente concessi dalla produzione, diventano il vero fiore all'occhiello dell'intera pellicola. Sufficiente il livello della tensione, vagamente compromesso da un cast non sempre all'altezza (Ioan Gruffudd abbastanza fuori parte) e da una messa in scena a tratti troppo pulita e luminosa per angosciare davvero. Su quest'ultimo aspetto, le atmosfere di "The Descent", sono ancora quella da battere.
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