Regia di Asif Kapadia vedi scheda film
Le lacrime sono tutte per il Brasile in festa. Ayrton Senna. O anjo nasceu (l’angelo nacque) e vola lungo una striscia d’asfalto grigia perché - parafrasando Carmelo Bene - «questo è al di là, è disintenzionato, perché l’atto, di fronte all’azione, è sempre disintenzionato. Non lo sa nemmen lui. È giocato completamente. E non lo sanno gli avversari». Non è necessario capire di Formula 1 o di automobilismo per vedere il miracolo al di là del mediocre film di Asif Kapadia. Che è un po’ un insulto al genio senza intenzione di Senna; che correva perché doveva correre. Kapadia, invece, costruisce un film dalla progressione narrativa prevedibilissima: ascesa, affermazione, caduta e mito. Certo i materiali d’archivio sono appassionanti ma il lavoro su e con essi è inesistente. Non c’è nulla che non sia già di Senna. E tanto basta e avanza, ovviamente. Ma perché non tentare anche un affondo di sguardo, di linguaggio. Perché non provare a eccedere, proprio come Senna eccedeva la propria automobile? In questo senso Kapadia bene avrebbe fatto a dare uno sguardo agli straordinari film di Sfide, la migliore trasmissione sportiva di sempre. Ma è tale la forza della poesia automatica di Senna che - ancora con Bene - «quando il Brasile perde, piango».
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