Regia di Patricio Guzmán vedi scheda film
Il deserto di Atacama, a cinquemila metri di altitudine nel Cile andino, si presenta come un luogo privilegiato per gli astronomi: l’eccezionale secchezza dell’atmosfera e l’ampiezza dell’orizzonte non sono sfuggite agli scienziati di tutto il mondo che lì, infatti, hanno fatto sorgere il più grande osservatorio astrofisico della Terra.
Il documentario si apre sullo scenario affascinante dell’universo come appare agli studiosi e anche ai visitatori che cercano non solo emozioni, ma anche risposte alla loro (e alla nostra) ricerca del “senso” di quell’avventura straordinaria che è l’esistenza umana dentro l’immensità spazio-temporale che gli studi astronomici evidenziano.
Poco lontano dall’osservatorio era stato costruito nel secolo XIX un villaggio (fu fatto distruggere da Pinochet dopo la sconfitta elettorale del 1988) per i lavoratori delle miniere, che lì vivevano con le loro famiglie in condizioni di semischiavitù: formalmente liberi, ma impossibilitati a fuggire, per l’illimitata vastità del deserto. Ora, relativamente prossimi al villaggio, fervono studi archeologici molto importanti, poiché riportano alla luce le tracce di antiche civiltà estinte, della loro vita quotidiana, della loro arte, dei manufatti e dei graffiti rupestri dei pastori, che ovunque affiorano e che a loro volta pongono al visitatore le stesse domande di senso.
La nostra mente di spettatori affascinati corre ai grandi poeti, al loro interrogarsi sulla inesorabile fine dell’uomo, alle “morte stagioni”, alle eterne domande alla luna poste dall’umile pastore errante, come dall’aristocratico Bruto, sul senso dell’affanno e del dolore che tutti conosciamo.
Nell’immenso deserto di Atacama, altre e più recenti tracce di vita e di storia vengono affannosamete ricercate dai parenti delle vittime di Pinochet, il sanguinario dittatore che perseguitò e fece sparire migliaia di oppositori dal 1973 al 1988, cercando di distruggere prove e identità. In quegli anni bui della storia cilena, scienza e ricerche archeologiche erano state abbandonate, ma quel villaggio dei minatori venne cintato, per impedire ogni fuga, con filo elettrico spinato, e fu utilizzato come campo di concentramento dei prigionieri politici, molti dei quali vennero uccisi senza processo e senza alcuna pietà. Non lontano da quel meraviglioso spazio di studio e di ricerca, sono ancora, dunque, identificabili i poveri resti di alcuni degli assassinati da quel regime feroce di militari senza onore, per la riconoscibilità dei quali, talvolta è sufficiente rinvenire un piccolo oggetto, una scarpa, un calzino, i frammenti di un abito…: lì, in quella incessante ricerca è racchiuso il senso della vita dei parenti disperati che non si rassegnano e che tentano di sottrarre al tempo almeno la loro memoria. Questo bellissimo documentario è l’opera impegnata e impegnativa di un grande regista cileno, Patricio Guzmán, esule in Francia, ora cittadino francese, che aveva reso nel 2010 questo struggente omaggio al proprio paese. Il film è passato come una meteora nella sala torinese del cinema Massimo (Museo del cinema), ma è presente, dal gennaio di quest’anno, come DVD. Da vedere sicuramente!
“principio delle cose che sono è l’illimitato … da cui le cose che sono hanno la generazione e anche il dissolvimento secondo la necessità.
Infatti esse pagano l’una all’altra la pena e l’espiazione dell’ingiustizia, secondo l’ordine del tempo” (Anassimandro)
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Qualche precisazione (al massimo mi contro-smentirai, eh!).
"Poco lontano dall’osservatorio era stato costruito nel secolo XIX un villaggio (fu fatto distruggere da Pinochet dopo la sconfitta elettorale del 1988) per i lavoratori delle miniere". Se ti riferisci a Chacabuco, nel 1973 Pinochet lo trasformò in un campo di concentramento (dopo che Allende lo aveva dichiarato monumento storico...), e se provò a distruggerlo (fonte?) fu per tentare di coprire i suoi crimini: https://en.wikipedia.org/wiki/Chacabuco
[Il deserto di Atacama ha un'altitudine media molto più bassa, partendo dal livello del mare.]
Va beh, a parte questo, bella pagina, per un film che va sicuramente visto, come ben dici in chiusura (magari in coppia col successivo "the Pearl Button").
Un saluto.
"[A Chacabuco] i militari dovettero solo mettere il filo spinato". Una delle frasi che più colpiscono del film.
Ti ringrazio della precisazione. Non ho il DVD del documentario e me lo procurerò. È probabile perciò che ricordi male quello che ho visto nel film, nel quale sicuramente si parla dell'intervento del dittatore per fare occultare le prove dei suoi crimini nella zona del deserto di Atacama. Sull'altitudine, ho questo ricordo perché il film ne parla,. forse, solo a proposito dell'osservatorio, ma quell'altitudine mi ha impressionata! Vorrei procurarmi anche La memoria dell'acqua e The Pearl Button. Grazie del passaggio e un saluto anche a te!
:))
"La memoria dell'acqua" è il titolo italiano di "The pearl button" (ti ho tratta in inganno, involontariamente, usando il titolo "internazionale": l'originale è "El botón de nácar"). Cmq tutta la filmografia di Guzmán è preziosa, da "Salvador Allende" a ritroso sino ai vari capitoli de "La battaglia del Cile", e nei limiti del possibile te ne consiglio il recupero.
;-)
Grazie mille, Matteo. Spero di trovare qualche cosa. Buona serata!
Grazie Liili,sei sempre foriera di lavori interessanti e imperdibili,come questo bel lavoro che mi sono segnato da tempo,ma che non ho potuto ancora vedere,ma che ho letto il tuo commento con passione.....insomma un bel documentario.
Grazie a te; forse qualcosa di più di un documentario, genere che di solito non mi appassiona! Meria sicuramente la visione. Ciao :)
grazie.
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