Regia di Mario Mattòli vedi scheda film
Un gruppo di poveracci viene assoldato da un giovane nobile per impersonare i suoi parenti durante la prima visita ufficiale a casa della fidanzata, essendo la famiglia contraria al suo matrimonio con la figlia di un arricchito. Al di là dell’intreccio, basato sui consueti scambi di persona, il film (come da titolo) vive soprattutto sull’opposizione fra due mondi socialmente lontanissimi e sull’insperata caduta delle barriere che li separano. Nella prima parte l’ossessione per il cibo, visto come un miraggio irraggiungibile, fornisce lo spunto a una serie di episodi tragicomici: la modista piemontese (“Non mi sono ancora abituata alla vostra cucina” “E come potrebbe? Non siamo abituati neanche noi”), il buzzurro che non ha i soldi per pagare la dettatura della lettera, il paltò da impegnare per una cifra enormemente sovrastimata, fino alla grandiosa spaghettata nel misero tugurio. La seconda parte, in casa dell’arricchito, vede i nostri muoversi senza timori reverenziali nel mondo della buona società, che per loro significa solo un’occasione per potersi togliere la fame atavica. Anche la sottotrama potenzialmente melodrammatica sulla situazione familiare irregolare di Totò diventa pretesto per una serie di gag: il ragazzino che ripete a pappagallo che Vincenzo è suo padre, il maggiordomo che spiega a Totò come tratterebbe il marito della collega (senza sapere che è quello a cui sta parlando).
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