Regia di Andrea Molaioli vedi scheda film
Il 18enne Rockefeller vende una mela a cinquanta centesimi. Con i quali compra due mele che rivende a cento centesimi. Con i quali ne compra quattro che rivende a duecento. Poi a diciannove anni eredita dieci miliardi da sua nonna. La metafora funziona per chi è partito da zero, per gli uomini “che si sono fatti da soli”, con le eredità delle nonne. Il commendator Rastelli è il patron del latte Leda. Cominciò lavorando nella salumeria del padre per poi fondare una multinazionale, grazie anche alle intuizioni del contabile Botta. Quotati in borsa, vendono azioni a 50 mila risparmiatori, ma le ricchezze reali, i fantomatici crediti della società raccolti nel conto offshore chiamato Voragine (Buco nero nella realtà), non esistono. Il castello di carte crolla e finiscono tutti in galera. Tutti? Non proprio. Si salvano le nonne delle varie eredità: chi derubrica il falso in bilancio, il banchiere di Dio che fomenta le fregature, le banche americane che ci sguazzano. Una storia italiana. Quella della Parmalat, con nomi cambiati (Rastelli al posto di Tanzi, Botta al posto di Tonna) ma circostanze scrupolosamente rispettate. Pure troppo, perché <>Il gioiellino ha l’ansia di voler raccontare l’intricata vicenda nel suo insieme, attraverso uno stile tradizionale e una encomiabile sintesi narrativa e giornalistica. A risentirne sono però certi aspetti particolarmente interessanti come il rapporto tra imprenditoria “provinciale” e ambiente, o gli inquietanti sfondi della drogatissima finanza internazionale, lasciati giocoforza in superficie. Mentre sorprendono positivamente le scelte estetiche in controtendenza rispetto alla virtualità dei “valori” caldi e solari degli spot. Su una nervosa tavolozza nera e sepolcrale si muovono gli attori, sempre più spettrali. Ottimi soprattutto Remo Girone/Rastelli e la nipote Sarah Felberbaum, mentre dell’intensità di Servillo (Botta), con musica di Teardo in sottofondo, si comincia a essere saturi. Senza tax credit Il gioiellino non ci sarebbe stato. Così, tanto per dire.
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