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Il gioiellino

Regia di Andrea Molaioli vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il gioiellino

di laulilla
5 stelle

Si chiama LEDA la società produttrice di latte e latticini di cui parla, in questo film, Andrea Molaioli, lo stesso regista che aveva dato una discreta prova di sé nel precedente La donna del lago.

 

E’ la storia di un imprenditore di provincia, Amanzio Rastelli (Remo Girone), che, coadiuvato nei suoi progetti dal ragionier Ernesto Botta (Toni Servillo), era riuscito a dar vita non solo a un’impresa leader nella produzione di latte e latticini, ma anche a una holding finanziaria, con tanto di squadra di calcio, villaggio turistico, nonché a investimenti nel restauro e nella valorizzazione di monumenti importanti.


L’espansione delle attività di Leda in settori così diversi dalla sua originaria vocazione non risponde, purtroppo, a un disegno strategico, ma paradossalmente alla necessità di colmare vuoti di bilancio dell’azienda casearia, attraverso la presa in carico di aziende apparentemente sane, ma in realtà decotte, minate da dissesti profondi e senza alcuna prospettiva di mercato.

 

Le protezioni politiche, il favore delle gerarchie ecclesiastiche, i prestiti delle banche non potevano che ritardare il momento della verità, che, infine, sarebbe venuto alla luce in tutta la sua drammatica chiarezza, trascinando con sè – oltre ai problemi di molte famiglie che, avendo ignorato l’inaffidabilità dei bilanci ufficiali (falsificati), si erano rovinate – anche la tragedia individuale di molti dipendenti per i quali si stavano chiudendo tutte le prospettive di lavoro.

 

La cronaca italiana degli anni del dissesto di Parmalat è raccontata con puntualità quasi didascalica, in quest’opera seconda di Molaioli, che poco inventa e poco crea e finisce anche col trattare con una certa indulgenza quel pasticcione di Rastelli, imprenditore privo di un vero disegno strategico e molto legato a una visione miope e semplicistica della proprietà aziendale, ingenuo al punto di affidarsi completamente al ragionier Botta, che appare, per la sua disinvolta gestione, l’unico e vero responsabile dell’intero crac.

 

Il film – interpretato con serietà professionale da Girone e Servillo – racconta un po’ del nostro paese senza ricorrere, per fortuna, ai toni troppo abusati e francamente  insopportabili della commedia, ma mantiene un andamento così cronachistico e così poco analitico e incisivo, che infine Rastelli sembra diventato un poveraccio travolto da una storia più grande di lui.

 

Il capitalismo straccione – per dirla con Gramsci – del nostro paese aspetta ancora il suo aedo.

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