Regia di Francis Lawrence vedi scheda film
Puro veicolo per la superstar Robert Pattinson, Come l’acqua per gli elefanti è un’operazione di comunicazione prima che un film. Come tale vanta qualità produttive e nomi di valore: Rodrigo Prieto alla fotografia, Richard LaGravenese (I ponti di Madison County) alla sceneggiatura, Jack Fisk alla scenografia, Jacqueline West ai costumi, ma questi si limitano a ricostruire con perizia calligrafica e a evitare colori troppo brillanti. Anche la regia di Francis Lawrence - che dopo l’atroce Constantine aveva dato adito a qualche speranza con Io sono leggenda - appare asservita all’operazione e non trova un solo guizzo di vitalità. Resta dunque la vicenda, incorniciata tra i flashback di un vecchio film come Titanic: un giovane quasi veterinario si innamora della stella del circo, già sposata al tirannico impresario. Il prevedibile triangolo si consuma ai tempi della Grande Depressione, con lavoratori buttati senza scrupoli giù dal treno. A suscitare la rivolta del nostro eroe non è però una questione di classe come per Tom Joad, bensì i maltrattamenti sull’elefante Rosie, secondo il più
strappalacrime animalismo hollywoodiano. La Witherspoon e Waltz fanno la loro parte, ma sono serviti da personaggi banali, mentre Pattinson (un po’ più pettinato del solito) risulta annoiato o a tratti divertito però mai appassionato né tantomeno appassionante. E in un mélo è un peccato capitale.
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