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Cars 2

Regia di John Lasseter, Brad Lewis vedi scheda film

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La recensione su Cars 2

di ROTOTOM
4 stelle

Caos, boati, rumore. Un film d’auto che assomiglia al peggior ingorgo di una qualsiasi tangenziale metropolitana. Ho visto il film con mia figlia di due anni e mezzo. Un’ora e cinquanta per lei incomprensibili dalla cacofonia sonora e lo shock visivo frenetico e stordente. Un’ora e cinquanta per me di noia e rigetto verso personaggi che non mi aspettavo (non avevo visto il primo) così stupidi e antipatici.

Saetta mc Queen è l’eroe delle corse. L’eroe perfetto dal sorriso ammaliante. Ma non è il protagonista, questo onore spetta a Carl Attrezzi alias Cricchetto un logoro carro attrezzi dalla parlata strascicata e i dentoni storti. Vorrebbe essere una parodia del grezzo e sincero uomo della profonda america rurale, scomposto e vergine di fronte al mondo che con la sua schiettezza e ingenuità risolve tutte le situazioni. Invece è un patetico idiota (e nel film glielo fanno notare) fastidioso e ciarliero  che fa ruotare intorno la sua idiozia una storia di spie e di corse, di carburanti fossili e energie alternative. Detta così è difficile. Vederlo è ancora più inverosimile e contorto questo plot che alterna  ritmi vertiginosi a insostenibili pause nelle quali i lunghi dialoghi servono a spiegare quanto succede, perché succede e quando succede. Trama complicata, non adatta ai bambini, situazioni che mutuano dal genere spy story classica, quella a james bond piuttosto che le versioni 2.0 del spia al servizio di sua maestà britannica. Hi tech e sentimenti, una buona fetta d’Italia sbeffeggiata da questi americani che ci vedono sempre pizza e mandolino e la famiglia vista sempre come una pittoresca saga strapaesana di soggetti danzerini. Stereotipato più che si può il culmine dell’italianità demente la si raggiunge con il personaggio antagonista di Saetta mc Queen, una vettura da formula uno (che a dispetto di logica e coerenza correrà su tracciati con sterrato e breccolino) dal nome che è tutto un programma di Francesco Bernoulli. Proprio lui, a parte il nome, lo scienziato italo svizzero teorico della portanza. Se un aereo sta su, per esempio, o una formula uno sta giù appunto, è merito suo. Quest’auto dal troppo spiccato accento napoletano, guappo e sbruffone   riesce a scatenare la più vera delle pulsioni omicide grazie al suo pesante slang iammeiamme, uè uè dal mefitico doppiaggio di Alessandro  quello-che-vorrebbe-essere-Troisi Siani. Tutti in Italia facciamo iammeiamme uè uè. Non tace un secondo neppure quando corre, iammeiamme uè uè. Sarebbe da sentire in lingua originale per vedere se l’aggraziata cadenza è opera di Lasseter e soci o  è una genialata dei nostri doppiatori. A proposito, Franco Nero e Sophia Loren sono i doppiatori di Zio e Zia Topolino, che nulla hanno a che fare con le famiglie di paperi e topi Disneyani ma sarebbero da mandare allo sfasciacarrozze all’istante. Almeno si risparmia su bollo e assicurazione.

Tutto questo ben di Dio, rumorosamente orchestrato fa parte dell’ormai classica sindrome da parte seconda, quando dato un primo episodio di successo si rende necessario montare esponenzialmente caos, personaggi e azione in sovraccumulo sensoriale destabilizzante. Veramente odioso poi tutto l’impianto del film, in cui la società di automobili e mezzi senzienti scimmiotta quello degli umani replicandone bizzarrie in chiave motoristica. Trucco anche questo già altamente sfruttato con tutta la serie di animali antropomorfizzati dalle pulsioni più che umane che infestano i nostri schermi.

Ad onor del vero, l’idea di base, quello della sotterranea rivolta di catorci d’antan, capitanati dal perfido dott. Zundapp, nei confronti delle auto più moderne e sofisticate è ottima. Ma rimane invischiata in una malabolgia stordente tanto da cadere nell’oblio.

La realizzazione tecnica è impeccabile, ormai l’animazione ha raggiunto livelli di perfezione da annullare qualsiasi stupore, purtroppo.  Quello che manca è la magia, la sospensione, una caratterizzazione dei personaggi più attenta a non cadere nello stereotipo mentre si punta tutto sulla confusione e il citazionismo spinto dai vari generi cinematografici. Ne risulta un film piatto, rumorosamente derivativo, profondamente noioso.

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