Regia di Raja Gosnell vedi scheda film
Trionfo del kitsch più allucinante, I Puffi è meglio di quel che vi dicono per almeno una ragione che in questi casi sembra quasi essere sempre accantonata: non ha alcuna pretesa di essere quel che non può essere perché deve rispondere al suo pubblico di riferimento (andrebbe vietato ai maggiori di undici anni, ma dato che ho una certa dimestichezza con alcuni ventenni, alzerei un po’ l’asticella anche ad personam). Ovviamente, considerando i progressi dell’animazione, il film(etto) è fatto con i piedi specialmente nella parte quasi esclusivamente digitale (gli esperimenti nel castello di Gargamella e il vortice verso New York sono incredibilmente brutti), ma ai bambini, giustamente, che gliene frega?
L’importanza sta nella stori(ell)a innocua e scemotta, eppure perfetta per il pubblico infantile, che per fortuna non sa nemmeno cosa voglia dire product placement e non si pone il problema se sia etico o no spiaccicare sullo schermo sponsor o pubblicità (il film ne è pieno). E non si pone nemmeno il problema sull’incongruenza fra il fatto che i protagonisti ignorano cosa siano i Puffi mentre secondo il libro che trova Grande Puffo essi sono stati partoriti dalla mente di Peyo (un omaggio doveroso) e quindi dovrebbero di norma essere un tantino conosciuti in quanto cartoni (si cita il fumetto Il centesimo puffo, uno dei libri cult della mia infanzia).
Come dire, nel momento in cui si accetta il fatto che il film è un prodotto infantile da pomeriggio in famiglia si deve dimenticare il fatto che è irricevibile sotto molti punti di vista e che la morale è banale (però gli occhi di Tontolone sono roba da E.T. e Grande Puffo è carismatico più dell’Obama di Yes We Can). I Puffi ha una sua ragione d’esistere in quanto film per bambini. L’età anagrafica non conta, ma forse è un discorso più angosciante, e, detto fra noi, nemmeno tanto interessante.
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