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Margin Call

Regia di J.C. Chandor vedi scheda film

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La recensione su Margin Call

di Stuntman Miglio
6 stelle

Trilogia della crisi – capitolo terzo (perlomeno in ordine cronologico d’uscita).

Dopo le speculazioni vendicative di “Wall Street. Il denaro non dorme mai” e dopo l’inquietante quadro generale fornito dal televisivo – ma encomiabile – “Too big to fail”, ecco aggiungersi un ulteriore tassello a definizione di un vero e proprio sottogenere filmico tutt’altro che conciliante. Potremmo chiamarli disaster movie economici e la materia trattata la conosciamo tutti. Ci riguarda tutti. Il film di J.C. Chandor è un’incursione notturna all’interno di una non precisata società d’investimento chiaramente ispirata alla Lehman Brothers. In pratica è la cronaca delle ventiquattro ore immediatamente precedenti alla manovra che darà inizio ad un effetto domino finanziario di portata planetaria. Il principio della fine visto dall’interno in un alternarsi di riunioni d’emergenza in cui stabilire come salvarsi e a scapito di chi. Una sorta di pièce aziendale sorretta alla grande da una schiera d’interpreti particolarmente ispirati e calati alla perfezione nei rispettivi ruoli – Spacey, Irons, Tucci ma anche Bettany, Baker e Demi Moore – che ben riflettono l’avido cinismo di una classe dirigente in completa balia di un unico diktat: fare soldi.

A pensarci bene, “Margin Call” non parla mai d’altro. L’unica analogia che esula dal contesto prettamente monetario è quella che riguarda il cane malato di uno dei protagonisti che, non potendo piangere per le sorti di migliaia e migliaia di persone sul lastrico, riversa sull’animale morente tutta la disperazione per un’intera società che viene scientemente soppressa.

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