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Margin Call

Regia di J.C. Chandor vedi scheda film

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La recensione su Margin Call

di alan smithee
8 stelle

Dopo "Americani" di James Foley, dopo i due Wall Street di Stone, ecco il quasi gemello del televisivo pregevole "Too big to fall" dell'anno scorso; ecco una solida versione per il cinema coeva di quest'ultimo, affollata pure questa di un cast da capogiro; un film dell'esordiente (o presunto tale) J.C Chandor, che torna in argomento "finanza creativa", la piu' grande truffa degli ultimi due decenni ai danni della collettivita' ignara, cornuta e mazziata da una cricca di lestofanti assetati di ricchezza e completamente privi di scrupoli nei confronti della collettivita'.
Siamo nel 2008 e la crisi finanziaria comincia a mietere le sue vittime, sotto forma di licenziamenti a raffica, che vedono naturalmente coinvolti in precedenza le categorie piu' basse e con meno potere contrattuale. Tra questi tuttavia viene licenziato pure un manager affermato (Stanley Tucci), addetto al controllo del rischio di una nota banca d'affari, privato in un attimo di ogni identita' lavorativa e di ogni mezzo di comunicazione che lo colleghi al suo (ex) posto di lavoro. Prima di abbandonare la postazione ha modo di incontrare un suo brillante sottoposto a cui affida un file con uno studio da lui condotto e non ancora terminato. Il giovane (il convincente e tenebroso Zachary Quinto, profilo importante su naso alla greca, sopracciglia chilometriche curate fino all'inverosimile) scopre facilmente che i dati prodotti dal collega fatto fuori mettono in luce una rischiosita' dei titoli presenti nella pancia della finanziaria dalle proporzioni gigantesche, in grado di innescare una perdita potenziale che andrebbe ben oltre la totale capitalizzazione della banca. La notizia si diffonde tra i superstiti al licenziamento selvaggio; viene convocato alle due di notte una riunione con il capo dell'ufficio commerciale, l'anziano Sam (Kevin Spacey, sbalorditivo come d'abitudine), un lestofante di prima grandezza all'inizio, preoccupato della salute del suo cane in risposta al licenziamento di quasi la meta' dei suoi dipendenti; un losco individuo, ma solo finche' non conosciamo i suoi superiori, squali ben piu' pericolosi di lui, che alla fine dimostra un'umanita' che pareva non appartenergli. Nel prospettare come salvare il salvabile, la decisione e' solo una: vendere tutto nelle prime ore di contrattazione mattutina, cercando di limitare i danni rappresentati dal prezzo in calo come in una spregiudicata svendita promozionale. Tutto ai danni dei soliti impotenti risparmiatori, sottoscrittori inconsapevoli di fondi e prodotti finanziari che nascondono in pancia questi prodotti "tossici", che saltano di piatto in piatto fino a finire nello stomaco gia' allo stremo dei palati piu' indifesi. Grandi duetti attoriali ci permettono chicche come i due dialoghi da antologia tra i premi Oscar Spacey/Irons, che rappresentano entrambi due memorabili pezzi di cinema; poi un grandioso Stanley Tucci, dirigente controllore del rischio silurato, mentre confida a Paul Bettany di essere un ingegnere edile e di avere edificato tempo addietro un ponte, dimostrandogli, numeri alla mano, le ore fatte risparmiare alla comunita' con la sua opera di pubblica utilita'. Gia' perche' qua c'e' tutto fuorche' la pubblica utilita': piuttosto c'e' l'odore nauseabondo di brama cannibalistica, quella esercitata da parte di una manciata di avvoltoi dirigenziali che si premiano piu' volte l'anno a suon di stock- option sui titoli della loro societa', che naturalmente rivendono velocemente per lucrare somme straordinarie, quando magari ai dipendenti comuni si pagano le tredicesime in azioni della societa' e li si obbliga a non cederle per un paio d'anni, per non affossare un titolo che poi comunque si riduce ad un mucchio di polvere nel momento in cui i poveretti potranno tradurlo in liquidita'. E' il mondo spietato della finanza, quello che ci rende cosi' "indignati", perche' stufi di pagare a caro prezzo per le scelleratezze di un 1% di disonesti.
Il film procede con piglio sicuro e punta su performance attoriali di ottimo livello, e si conclude con una scena memorabile: Kevin Spacey che, disgustato dell'operato della vendita fraudolenta dei titoli tossici, vuole licenziarsi, ma poi resta perche' deve pagare molti debiti. Si allontana in macchina col cadavere del cane appena fatto sopprimere perche' afflitto da un male incurabile; giunge nella casa abitata dall'ex  moglie e inizia a scavare una buca nel prato. La moglie lo scambia dapprima per un ladro, poi lo riconosce, sembra capire il suo stato d'animo e soccorrerlo, poi gli comunica che torna a dormire; lo avverte che chiudera' a chiave e mettera' l'allarme, nel caso gli venissero idee strane. E mentre scorrono i titoli di coda sentiamo la pala che continua a scavare. Forse Sam non sta scavando la fossa per l'amato cane, forse il vecchio manager sta scavando la sua, di buca.

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