Regia di Giovanni Veronesi vedi scheda film
Ma ce n'era bisogno? No. Ecco il terzo capitolo del Manuale d'amore di Giovanni Veronesi, come il precedente firmato dal regista / Ugo Chiti / Andrea Agnello (il primo film aveva solo i primi due nomi in sceneggiatura); come al solito una sfilata di attori brillanti sprecati in situazioni da barzelletta greve a sfondo sentimentale. La trilogia del regista toscano ha a che fare con l'Italia sua contemporanea esattamente come i film dei Vanzina: ne è un ritratto (involontariamente) spietato, brutale, cinico, che condivide (asseconda, sdogana) i lati peggiori dell'italiota medio esaltandoli in una serie di sconclusionati sketch che puntualmente si concludono a tarallucci e vino, nella peggiore delle tradizioni nazionali. A cosa servono a questo punto Carlo Verdone, Riccardo Scamarcio, Michele Placido, Donatella Finocchiaro e - udite udite - Robert De Niro, sicuramente pagato profumatamente per essere scagliato di fronte a una macchina da presa manovrata da un incapace che lo costringe a recitare la parte di un vecchio rincoglionito dal cuore d'oro? A nulla, come prevedibile: ed è anche per questo che viene automatico rispondersi che di questo film non c'era proprio alcun bisogno. Nel cast anche la solita, disastrosa Monica Bellucci, Carlo Monni, Laura Chiatti, Dario Ballantini e Vauro, il vignettista, in una particina. La differenza fondamentale dai due precedenti capitoli sta nella consequenzialità dei tre episodi affidata al filo rosso di un tassista che trasporta personaggi legati alle varie storie; ciononostante rimane evidente la suddivisione delle due ore (!) di pellicola in tre tronconi nettamente divisi. 2/10.
Tre episodi. Giovani sposi rischiano di veder saltare le nozze per l'arrivo di una terza incomoda; personaggio tv ha un'avventuretta extraconiugale, ma la partner si rivela asfissiante; anziano professore americano a Roma si innamora della figlia del portiere condominiale.
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