Regia di Jaume Collet-Serra vedi scheda film
Qualsiasi parola spesa su questo film è uno "spoiler". Se avete intenzione di guardarlo, non leggete oltre.
Un’ottima idea, volutamente fasciata di convenzionalità. Fa parte del gioco anche restare convinti, per i primi tre quarti del film, di trovarsi davanti alla delusione in fotocopia di un Collet-Serra che imita un Polanski che si ispira a Hitchcock: fa bene cullarsi nella noia e nella sussiegosa certezza di avere a che fare con una hollywoodiana riedizione di Frantic con Berlino al posto di Parigi, e lo scienziato conferenziere che, anziché perdere la propria moglie, vede risucchiare nel nulla la propria identità. Il torpore indotto dal déjà-vu - con tanto di inseguimenti automobilistici da telefilm americano, e l’ormai insostenibile cliché del misterioso complotto spionistico internazionale - è perfettamente funzionale all’effetto sorpresa dell’epilogo, che si innesta, con inattesa originalità, su un impianto che deliberatamente addormenta il pensiero, inibendo la sua capacità di formulare congetture. Spegnere l’interesse è il migliore modo per rendere lo spettatore indifeso di fronte all’exploit finale: a questo proposito la mente corre al singolare sviluppo narrativo di Un film parlato, che ci insegna come sia il brusco risveglio, e non la graduale rivelazione, il più efficace veicolo della novità. Solo riaprendo improvvisamente gli occhi ci rendiamo conto di quanto, guardando questo Unknown, siamo stati superficiali e distratti, al punto di seppellire, in un pigro e frettoloso oblio, tutto ciò che, nella sequenza d’apertura, appare, in realtà, sfacciatamente sospetto.
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