Regia di Jaume Collet-Serra vedi scheda film
Il dottor Martin Harris vola a Berlino con la moglie Liz per prender parte ad una conferenza sulle biotecnologie presso l'hotel Adlon, a due passi dalla Porta di Brandeburgo. Giunto in taxi a destinazione si accorge di aver dimenticato in aereoporto la ventiquattrore contenente, tra le altre cose, i propri documenti. Prende così un secondo taxi in fretta e furia per andarla a recuperare ma, in seguito ad un tremendo incidente stradale, la vettura su cui viaggia finisce in un canale e lui, privo di sensi, viene salvato dal sicuro annegamento dalla giovane conducente Gina. Risvegliatosi in un letto d'ospedale dopo quattro giorni di coma non trova nessuno ad aspettarlo, apprendendo inoltre che nessuno ha denunciato la sua scomparsa. In evidente e comprensibile stato confusionale si precipita quindi all'hotel, dove scopre che sua moglie non lo riconosce più e che accanto a lei c'è un altro uomo che non solo ha preso il suo posto ma anche la sua identità. Cos'è successo in quei quattro giorni? Perché Liz si comporta in quel modo? Perché quell'uomo si spaccia per Martin Harris?
Unknown si presenta come un action thriller convenzionale e derivativo che ha tra i riferimenti più evidenti Frantic di Roman Polanski, Intrigo Internazionale di Alfred Hitchcock, e The Bourne Identity di Doug Liman. Il regista spagnolo Jaume Collet-Serra, un onesto mestierante proveniente dall'horror, cerca di compensare la palese mancanza di originalità alimentando la tensione con iniezioni massicce di adrenalina ed imprimendo al film un ritmo sostenuto, trovando una valida complice in una Berlino innevata grigia ed infida (fotografata efficacemente da Flavio Labiano). Ma l'alone di sospensione ed inquietudine in cui intende ammantare la pellicola cala d'intensità nella seconda parte del film, man mano che il mistero viene svelato, per via di evoluzioni non sempre digeribili nella storia e nella psicologia del protagonista: perché la regia di Collet-Serra, decisa ed energica ma senza guizzi né ironia, deve fare i conti con gli eccessi della sceneggiatura di Oliver Butcher e Stephen Cornwell i quali, adattando per il grande schermo il romanzo Out of my Head di Didier Van Cauwelaerti, realizzano sì l'obiettivo di rendere il racconto snello e anche godibile, ma non senza passaggi forzati che lo spingono con un piede e mezzo oltre la soglia del verosimile. Ne viene fuori una spy story poco credibile ma comunque in grado di fornire due ore scarse di piacevole intrattenimento a chi accetta di seguirne gli eventi senza porsi troppe domande.
Tra gli attori è nulla più che diligente Liam Neeson nella parte del protagonista braccato e alla ricerca di sé, convincente Frank Langella nel ruolo dell'ambiguo dottor Rodney Cole, ottimo Bruno Ganz alle prese con Ernst Jürgen, l'ex agente della Stasi che conserva il cianuro accanto al caffé, e decisamente in forma Diane Kruger che impersona Gina, la splendida taxista immigrata clandestinamente dalla Bosnia coinvolta suo malgrado nell'intrigo.
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