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Miriam si sveglia a mezzanotte

Regia di Tony Scott vedi scheda film

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La recensione su Miriam si sveglia a mezzanotte

di Raffaele92
9 stelle

Una pellicola spiazzante, per una volta in senso positivo, soprattutto dal momento che alla regia c’è Tony Scott, il cui cinema si sarebbe poi distanziato anni luce da questo esordio a dir poco illuminato.

Forte di uno stile di derivazione pubblicitaria (questo il campo di formazione del regista prima di passare dietro la macchina da presa) che porta a un’attenzione maniacale per la fotografia, nonché a sequenze anticipatrici dei videoclip moderni, si tratta di una pellicola iconograficamente legata alla propria epoca ma incredibilmente avanti coi tempi.

Sarebbe forse più corretto definirlo un film “fuori dal tempo”. Ed è proprio questo il punto di partenza per analizzare l’opera a livello contenutistico: il tempo. Esso è un’ossessione, un limite, un paradigma, un timore che paradossalmente affligge i vampiri protagonisti (per loro natura presunti immortali) anziché gli umani.

La vecchiaia come malattia senza cura, come enigma senza soluzione; l’immortalità come condanna, come fardello che grava su una vita che non è vita.

Più che un racconto vero e proprio, “Miriam si sveglia a mezzanotte” si presenta come un flusso emotivo dove un equilibrio perfetto di musica e immagini si fa portavoce di una fame (come cita il titolo originale) insaziabile, prolungamento simbolico di una passione “urlata” in tutto il suo splendore e furore erotico nella scena di sesso tra la Deneuve e la Sarandon, alla quale fa magnificamente da sfondo “Flower Duet (Lakmé)” di Léo Delibes.

Melò straziante prima che horror, con echi quasi bergmaniani, è l’esito sicuramente più innovativo e lungimirante partorito dall’immaginario cinematografico vampiresco degli ultimi decenni.

Un film che parla all’anima e ai sentimenti più “nobili”; un dramma borghese fatto di volti e corpi, carne e spirito.

Su tutto vi è l’ombra del rimpianto e la consapevolezza di una felicità impossibile da raggiungere nonostante si abbia a disposizione l’eternità.

Cupo, malinconico e funereo, come il volto di David Bowie in progressivo logoramento.

Sicuramente non un film per tutti. Ma comunque irripetibile e, nel suo genere, insuperato e insuperabile.

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