Regia di John Woo vedi scheda film
Nell’anno 208 d.C. la sete di potere del primo ministro cinese Cao Cao, unita alla concomitante debolezza politica dell’imperatore, lo spinge ad invadere i territori del sud, nel tentativo di sottometterne i signori della guerra.
La battaglia delle Scogliere Rosse appartiene di diritto alla storia ed alla mitologia epica cinese, nonostante la vaghezza dei particolari storici e cronachistici; tale scontro si colloca nella fase finale della dinastia Han, ove la decadenza imperiale favorì la nascita di potentati regionali sotto il controllo di vari governatori, principi o “Warlords” che fossero. I protagonisti politici di questo periodo (Cao-Cao, Sun Quan, Liu Bei) e relativi generali (Zhou Yu, Cheng Pu e lo stesso Liu Bei) sono tuttora presenti nell’immaginario collettivo asiatico ed hanno dato vita ad innumerevoli romanzi, serie tv e perfino famosi videogames “hack’n’slash” (tutta la serie Dynasty Warriors per PS si ispira a tale momento storico, denominato poi dei “Tre Regni”). John Woo dimostra, da subito, la sua dimestichezza con l’argomento e la sua voglia di curare ogni aspetto della messa in scena: i mezzi economici a sua disposizione, infatti, sono mastodontici (80 milioni di dollari) e il cast sontuoso. In questa ottica questa “Long Version”, uscita solo nel mercato asiatico, risulta più drammaticamente completa della “Short Version”, quasi esclusivamente focalizzata, vista la durata, sugli aspetti guerreschi della vicenda. Si dà ampio spazio, quindi, alle motivazione personali dei vari protagonisti, delineandone, in maniera a volte un po’ manichea, le spinte emozionali e le bassezze spirituali soprattutto grazie all’uso di metafore visive e siparietti un po’ scontati ma mai stucchevoli. Lo stesso personaggio di Cao Cao, interpretato con vigore dal vigoroso Zhang Fengyi, viene meglio definito ed assume una valenza meno negativa rispetto alla versione europea, pur prigioniero della sua voglia di dominio sulle terre e sugli uomini (ed alcune donne…). Le tematiche del regista sono copiosamente presenti in questa trasposizione cinematografica: il maestoso e metaforico volo della leggiadra e pura colomba su una distesa infinita ed inquietante di macchine di morte e guerrieri, follia e sete di potere, riempie gli occhi e rimane una delle sequenze più emozionanti della pellicola. L’epica romantica delle impeccabili sequenze d’azione, che si sviluppano in maniera apparentemente interminabile e su diversi piani soggettivi, imbrigliano il tutto in una coralità carica di enfasi, permettendo di non perdersi nel mezzo di cotanto furore e baraonda di corpi. Non ci vengono risparmiate efferatezze e corpi squarciati sgorganti sangue, un po’ di sapienti tocchi “wuxiapian” ad esaltare le doti marziali dei protagonisti (soprattutto quelle di Tony Leung e Hu Jun o delle loro controfigure), senza esagerare troppo con le iperboli, pur presenti (i cinesi giocavano a calcio nel 200 d.c ?!???). La figura centrale del film viene affidata al personaggio interpretato dal serafico Takeshi Kaneshiro (Zhuge Liang), stratega “Zen” profondo conoscitore dei segreti della natura, capace di coniare tanto motti superermetici quanto di predisporre formidabili e letali tattiche di guerra. Un film dall’impianto classico e spettacolare, in definitiva, capace di divertire e di non annoiare per tutta la sua durata.
Spedita.
Ottima.
Riottoso.
Tattica.
Nobile.
Incantevole.
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