Regia di Paolo Bertola vedi scheda film
Perché? Perché oggi un regista italiano decide di mettere in scena il massacro perpetrato dalle truppe Usa a My Lai, in Vietnam, il 16 marzo 1968, ai danni di una popolazione per lo più civile? Fossimo sotto una feroce censura verrebbe da tirar fuori Manzoni e il narrare di un’occupazione per raccontarne in trasparenza un’altra, insomma parlare del Vietnam intendendo l’Afghanistan e l’Iraq. D’altra parte non sembra questo il caso e l’ispirazione del regista Paolo Bertola arriverebbe dall’omonimo libro inchiesta di Seymour Hersh, vincitore del Pulitzer nel 1970: non esattamente materiale nuovo. Insistiamo su questo punto perché se a My Lai Four si toglie l’urgenza del racconto rimane solo l’imbarazzo per una realizzazione del tutto inadeguata, dove si giustappongono meccanicamente le scene nel villaggio - che sembrano una telenovela vietnamita - a sequenze in cui i soldati si scambiano battute sovraccariche di turpiloquio e recitate in modo quasi ridicolo. I due fili del racconto ovviamente si incrociano nelle molte scene del massacro, in un abuso di ralenti, musica e di ogni altro espediente retorico. Uno strazio anche per il ricordo delle vittime, ridotte, una volta di più, a materiale da macelleria.
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