Regia di Masahiro Andô vedi scheda film
Sword of the Stranger è un film d'animazione giapponese del 2007, diretto da Masahiro Ando.
L'opera è visibile gratuitamente e legalmente sulla piattaforma digitale VVVVID.
Sinossi: Giappone feudale, il nobile e avido Akaike in cambio di molto oro accetta una strana proposta dell’imperatore Ming (antica Cina), il qual inviato sul suolo straniero una delegazione ufficialmente impiegata nella costruzione di uno tempio religioso.
In realtà i cinesi vogliono catturare ed uccidere un ragazzino, tale Kotoro; il giovane durante la sua fuga incrocia il cammino di un ex samurai ora vagabondo, abilissimo con la spada…
Nonostante siano passati 13 anni Sword of The Stranger rimane tuttora un capolavoro di tecnica e stile difficile da imitare. Il film è senza ombra di dubbio uno dei migliori chambara animati mai apparsi sullo schermo; il soggetto è intrigante e la regia di Masahiro Ando è ormai citata nei vari saggi accademici (dopo torneremo su questo aspetto).
Masahiro Ando è al suo esordio dietro la macchina da presa, detto questo vanta un curriculum lavorativo davvero ricco, specialmente nelle vesti di animatore grazie ad una serie di collaborazioni con mostri sacri del calibro di Kintaro, Mamoru Oshi, Shinichiro Watanabe o Hideaki Anno.
L’opera è inoltre il primo film dello Studio Bones con soggetto originale non legato ad una serie animata; in precedenza lo Studio aveva realizzato adattamenti cinematografici di una serie di capolavori anime quali Escaflowne e Cowboy Bebop.
Nel corso degli anni, tanto per la cronaca, Bones continua a mantenere livelli qualitativi altissimi realizzando pure successi planetari: cito solamente Fullmetal Alchemist Brotherhood, Tokyo Magnitude 8.0 o My Hero Academia.
L’inizio dell’opera è tutto un programma e mette subito in chiaro sia il talento sia l’ intendo del suo autore: realizzare un chambara sensazionale, debitrice del cinema del maestro Akira Kurosawa.
La prima scena è costituita da un breve piano sequenza in soggettiva di un personaggio che corre disperato, nella notte, fra alberi e sentieri in una foresta fitta di vegetazione e con una pioggia battente, che di certo non aiuta la sua fuga.
Poco dopo la camera si focalizza su di un gruppo viaggianti atti ad attraversare la suddetta foresta; sono dei forestieri provenienti dalla Cina, i quali improvvisamente vengono attaccati da un gruppo di briganti.
Masahiro Ando dà vita ad uno scontro furioso e dirompente, simula un utilizzo della macchina a mano in perenne movimento che segue in modo sinuoso e dalle più disparate angolazioni l’azione, senza sacrificare la qualità/fluidità delle animazioni semplicemente maestose (stesso discorso per il character design estremamente realista).
Il combattimento è altresì distinto da una estrema violenza dove litrate di sangue e arti mozzati sono la prassi; qui Ando richiama, omettendo però qualsiasi componente erotico-sessuale, lo stile del collega Yoshiaki Kawajiri (altro genio dell’animazione).
Akira Kurosawa tuttavia non è l’unico esplicito richiamo del film, bensì è possibile notare anche un omaggio allo spaghetti western firmato Sergio Leone.
Il primissimo incontro fra il protagonista (un ronin senza nome) e Luo-Lang (il più temibile dei guerrieri cinesi) che si traduce in un duello mozzafiato, prevede un prologo all’azione assai particolare al punto da rievocare svariati stilemi ammirati nel cinema di Leone, ad esempio un evocativo campo lungo con i due protagonisti fermi immobili a studiarsi e pronti ad estrare o meglio impugnare le loro armi/spade.
Menzione speciale per il finale epico che si conclude si convenzionalmente con la vittoria dell’eroe ma una delle ultime immagine regala un’inquadratura in campo medio memorabile con lo sconfitto morente contento del combattimento, ed il suo sorriso stampato sul volto assolutamente non beffardo lo conferma pienamente. Qui il regista omaggia il finale di una serie anime storica ossia Rocky Joe, diretta dall’avanguardista Osamu Dezaki; Joe. condivide con l’antagonista di questo film la stessa voglia di sfida, per loro combattere significa vivere.
La regia comunque cambia sensibilmente quando l’azione non viene contemplata. Il regista predilige un impostazione elegante, a tratti poetica ricorrendo a lente e funzionali carrellate verticali, campi lunghissimi e panoramiche; massima attenzione viene poi riservata alle ambientazione esterne (foresta meravigliosa) ed interne, ricche di dettagli e altamente realiste.
Ricapitolando al volo Sword of The Stranger è essenzialmente un action movie sontuoso tuttavia se visto con attenzione è possibile captare una serie di messaggi altamente rilevati ed attuali.
Una delle tematiche emerse durante la visione riguarda il razzismo e la xenofobia. Il protagonista scopriamo essere uno straniero e per sua stessa ammissione da giovane lo evitavano come la peste e per questo motivo ha deciso di “camuffare” alcuni tratti somatici distintivi.
Sword of The Stranger nonostante sia un film in cui l’azione regni sovrana, si rivelerà essere incredibilmente un’opera antimilitarista; il protagonista ha vissuto in prima persona gli orrori della guerra, lui stesso si è macchiato di sangue uccidendo anche civili innocenti pena la sua stessa morte e dunque una volta abbandonata la “divisa” dello shogunato giura di non estrarre mai più la spada.
Nel film emerge altresì uno sguardo abbastanza massacrante verso il proprio paese, smascherando alcuni precetti ormai radicati nella cultura locale. Il regista evidenzia come ad esempio il tanto decantato onore dei samurai forse non esiste; un soggetto del film infatti non esita ad uccidere il suo padrone con l’obiettivo di impossessarsi del feudo, al contrario i cinesi sembrano fedelissimi all’imperatore.
Infine interessante notare come il motore propulsore del film, la ricerca dell’elisir della vita, alla fine dei giochi risulta quasi essere una sorta di grosso McGuffin.
Cult movie imperdibile.
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