Regia di Nanni Moretti vedi scheda film
Nominato Papa a sorpresa dal conclave, il cardinale Melville (!) ha una crisi di panico e fugge al momento del «nuntio vobis». Uno psicanalista arriva in Vaticano, dove viene trattenuto insieme ai porporati in clausura, ma intanto il Santo padre solo se ne va per la città. Difficile raccontare Habemus Papam in poche righe, data la sua densità. Ci proviamo consigliandovi di leggere la recensione dopo averlo visto e partendo da un’ipotesi, non l’unica possibile; ovvero che dall’arrivo del professor Nanni Moretti in Vaticano alla sequenza finale, sia tutto un sogno del pontefice. La lettura è giustificata da motivi cinematografici, di montaggio. Poco prima dell’ultima scena, si rivede il Papa nella medesima stanza del conclave dove era stato lasciato in raccoglimento prima che irrompesse lo psicanalista. L’interpretazione giustifica il doppio tono della storia “parallela”: da una parte il gioco di Nanni che imprime una sorta di spirale regressiva nell’intero corpo cardinalizio, ma verrebbe da dire nell’intera Chiesa. Dall’altra la gravitas del peregrinare del Papa a contatto con il mondo, la vita e la sua rappresentazione (il teatro). Se davvero, come crediamo, fosse un sogno, alla fine del quale è possibile per Melville (un gigantesco Michel Piccoli) compiere il più rivoluzionario degli atti nei confronti della realtà, l’aspetto onirico amplificherebbe l’importanza del concetto stesso di messa in scena. Con Nanni comico cristallino che prima svela le vulnerabilità umane dei porporati e infine fa riscoprire il loro lato infantile, ludico, trasformandoli tutti in pretini alla Giacomelli. E con l’uomo, non più o non ancora Papa, in cerca di sé a dispetto del ruolo. S’intersecano, come fossero specchi wellesiani, i rimandi al Gabbiano di Cechov, ma anche a Shakespeare (Randone-Gassman che di sera in sera si scambiano la parte). Non solo per il riferimento esplicito della meravigliosa scena in albergo o di quella in teatro, ma proprio per la figura di Melville, che ha una sorella come Arkadina e sa a memoria le battute. Con l’impressione di avere appena scalfito la complessità del film, ci teniamo a sottolineare soprattutto il gaudium magnum di una visione rara.
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