Regia di Nanni Moretti vedi scheda film
Un film sul valore della rinuncia - dichiara apertamente Habemus papam - fin dalle sue prime scene. Fin da quando i porporati si riuniscono nella cappella Sistina e lo spettro di quella temeraria opzione riecheggia nel santuario più bello dell’umanità che da secoli ha fatto voto di intercedere presso l’Onnipotente, affinchè i cardinali in essa riuniti si facciano illuminare dallo Spirito Santo nella scelta del successore di Pietro.
Nella visione di Moretti, la rinuncia assume, infatti, le fattezze di una debolezza triste da rifuggire a tutti i costi. Troppo grande la vergogna dell’ammissione - davanti a tutto il mondo e davanti a Dio - della propria umana inadeguatezza; dell’incapacità ad interpretare un ruolo per il quale un uomo che sognava di fare l'attore, ma che fu scartato dall'Accademia (ed wood) non si sente preparato. Insostenibile il tarlo del dubbio che il peso della responsabilità (non tanto di fare da guida spirituale a miliardi di persone, ma di essere il vicario di Cristo, in Terra…anche se, per vero, Moretti fa di tutto per non buttarla su un piano squisitamente teologico) possa dimostrarsi così immenso, così schiacciante da istigare (invero innocue) tentazioni di mondanità; da acuire la repressione dei propri impulsi (ed wood).
Dello Spirito Santo non c’è traccia. Cristo tace. Parla Checov.
Moretti - in preda al solito irrefrenabile, appassionato sarcasmo - si diverte ad insinuare tutto questo e, al tempo stesso, a sperimentare inediti rimedi per esorcizzare l’austera drammaticità della delicata situazione. Piace, ma non incide in profondità (troppo defilata - giusto per fare un esempio - la chiosa sulla penuria di popolazione infernale…).
Quando si dice (col senno di poi) che la finzione supera la realtà… spesso e volentieri c’è lo zampino di Nanni Moretti!
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