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Habemus Papam

Regia di Nanni Moretti vedi scheda film

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La recensione su Habemus Papam

di mc 5
10 stelle

Arrivo a parlare di questo film per ultimo, dopo che tutti (ma proprio tutti) ne hanno discusso in tutte le salse, e dunque qualunque cosa io ne scriva non potrà mai apparire originale. Inoltre devo ammettere che la mia conoscenza dell'universo morettiano è assai limitata, nel senso che, pur avendo visto quasi tutti i suoi film, di gran parte di essi ho conservato un ricordo piuttosto incompleto e approssimativo. Insomma diciamo che non sono un fan estremo di Nanni Moretti. E qui devo aprire una parentesi sul mio personale rapporto col cineasta romano. Della mia posizione di estimatore moderato ho appena detto. Diverso è il discorso sull'uomo. So di essere in minoranza, consapevole che i più ne percepiscono un'immagine di persona spocchiosa, la quintessenza dello snobismo culturale, l'emblema del radical chic di sinistra. Ammesso e non concesso che Moretti sia un fottuto narciso snob, io credo che un certo tipo di snobismo sia cosa sana e necessaria. Esempio. Poniamo che io detesti qualcosa di largamente popolare, tipo (che so) le fiction tv o i cinepanettoni, sono rassegnato a sottopormi al dileggio di chi mi reputerà "uno con la puzza sotto il naso". Ma allora, in questi casi, evviva gli snob! Se io non voglio "sporcarmi" con una cultura popolare ma becera e dozzinale, nessun problema a professarmi snob. Ma c'è un dettaglio, nel  Moretti uomo, che ci può aiutare ad afferrarne lo spirito e a fare maggiore chiarezza. Voglio dire: se Moretti fosse davvero quell'intellettuale radical chic, arroccato e isolato che con superficialità molti hanno etichettato, sarebbe andato quel 2 febbraio del 2002 in piazza Navona a gridare tutto il suo disagio per una classe dirigente di sinistra che lui detestava (e suppongo ancora detesti)? Chi glielo fece fare se non una passione autentica per la politica, un malessere che era di molti di noi e non fisima da intellettuale ozioso? Quel gesto clamoroso ci svelò un Moretti persona come noi, un cittadino di sinistra che non sa più dove sbattere la testa, esprimendo un disagio che era (ed è tuttora, perchè ben poco è cambiato) condiviso da molti di noi. E allora, pur consapevole che in tanti ne hanno una percezione opposta, io reputo Moretti persona perfino simpatica, osservando quasi con tenerezza quei suoi modi a volte così bruschi e supponenti. Credo, insomma, che dietro quella maschera trattenuta e ben poco confidenziale si nasconda una persona di rara sensibilità e intelligenza. Ed è proprio questo suo rigore e questo suo sguardo costantemente critico (sia come cineasta che come cittadino-elettore) che ne hanno fatto negli anni una bestia nera del centrodestra (ricordo come fosse oggi quando, in epoca "girotondina", dalle colonne di "Panorama", "Libero" e "Giornale", gli venivano indirizzate bordate di insulti, sfottò e dileggi). E a tutto questo aggiungo una banalità che però fa parte della vita: siamo esseri umani e non tutti abbiamo la medesima attitudine ad ammiccare per apparire simpatici o "piacioni" ai nostri interlocutori, vale per tutti Moretti compreso. Passando poi al Moretti regista, c'è un discorso da fare circa la collocazione della sua opera nel contesto della cinematografia nazionale. Ed è un discorso che ci porta a celebrare un cineasta inconfutabilmente unico nel nostro panorama. Moretti non è commedia all'italiana (ne è lontanissimo), ma il suo non è neppure cinema "civile" o "politico" in senso stretto...E allora che cinema è il suo? Semplice. E' "il cinema di Nanni Moretti", un cinema che sa e può fare soltanto lui. E sfido chiunque ad indicarmi un altro regista italiano che ne abbia ricalcato le orme: nessuno evidentemente ritiene praticabile la strada aperta da Nanni Moretti, o per difficoltà di ispirazione o per oggettiva incapacità. E questa sua unicità, unita al suo stile personalissimo, rappresenta un valore oggi più che mai, in quest'Italietta berlusconiana in cui prodotti nazionali scadenti si piccano di intercettare umori e gusti dello spettatore italiano contemporaneo, spacciando per comicità corrosiva ciò che è in realtà ammiccamento furbetto ("Nessuno mi può giudicare" docet). Moretti pone una sfida al Cinema Italiano: quella di portare nelle sale moltitudini consistenti di persone opponendo intelligenza, buon gusto e finissima ironia alla faciloneria di chi spaccia in mala fede per satira sociale ciò che è solo un lisciare il pelo allo spettatore (Brizzi, Veronesi & co.). Io, ponendomi con l'animo sgombro di chi non era fan-tifoso di Moretti, mi sono trovato di fronte ad un film innanzitutto sorprendente e molto personale, improntato alla raffinatezza del tocco, alla fine ironia, e ad un certo piacevole gusto teatrale. Direi già un cult, ma senza la pesantezza autoriale che i film di culto spesso possiedono. Il tema e la vicenda sono davvero singolari e quasi mai affrontati prima d'ora da un cinesta italiano. Si parla di un immaginario neo-Pontefice che, travolto da una profonda crisi personale, non si sente in grado di assumere quel ruolo immane di Guida Terrena della Chiesa (in pratica rappresentante di Cristo sulla Terra). Un uomo la cui personalità irrisolta lo pone di fronte ad una resa dei conti col proprio passato e che dunque è troppo fragile e smarrito per poter dare la linea a quelli che in fondo sono uomini tali e quali a lui. E questo uomo, disarmato spaventato e depresso, è un magnifico Michel Piccoli, strepitoso, da Oscar. Spesso la camera indugia a lungo in primi piani sul suo viso, mettendone a fuoco una capacità espressiva da vero Maestro della recitazione. Una prova sublime, la sua, che reclama premi e riconoscimenti. Non è semplice raccontare gli sviluppi della vicenda, anche per la piega inverosimile che gli eventi prendono. Ma questo è un film con valenza soprattutto simblica, la storia in sè non si propone certo come verosimile e proprio per questo preferisco con soffermarmi su questo aspetto. Quel che conta è la genialità con cui Moretti ci racconta un ambiente, quello della Chiesa romana, andando proprio al centro delle sue stanze, mostrandoci i cardinali e il portavoce del papa come nessuno ce li aveva mai descritti, indugiando sulle loro umane debolezze, sui loro intimi pensieri. E poco importa se quei ritratti sono verosimili oppure il frutto di uno sguardo curioso e divertito. Quel che importa è che Moretti col suo tocco leggero ci induce spesso al sorriso ma nel contempo sfiora temi immensi che riguardano la fede e il ruolo importante che la Chiesa può avere (se saprà superare le convenzioni e i formalismi) nel gestire i grandi cambiamenti che attengono al destino degli uomini. Sono prove dunque al limite dell'umano quelle che attendono i Pastori della Chiesa, e che investono la necessità di mutamenti epocali. E il nostro pontefice disorientato, consapevole della grandiosità di questa Sfida, sceglie, anzichè diventare Vicario di Cristo, di restare "uomo tra gli uomini". Le sequenze memorabili sono tante, a partire da quella dei cardinali che accennano passi di danza in serena letizia. Da segnalare poi il tormentone formidabile del "deficit di accudimento", indicativo di quanto la psicanalisi sia aspetto ricorrente in tutto il film, come pure da ricordare è lo sguardo geniale sul mondo del teatro di Checov. Impensabile poi non aprire un capitolo sugli attori che Moretti (a parte il prodigioso  Piccoli di cui ho già riferito) ha scelto di convocare. Curiosamente Moretti ha in comune con Pupi Avati questa attitudine ad utlizzare collaudati attori di teatro, tra cui spesso anziani professionisti che recitarono nei vecchi sceneggiati della tv di molti anni fa. Qui abbiamo ad esempio un ritrovato Franco Graziosi, o il grandissimo Renato Scarpa (attore superlativo!). Poi ancora l'inquietante Dario Cantarelli e il mitico Teco Celio. Segnalazione speciale per il leggendario Camillo Milli, un veterano formidabile dotato di istrionico talento. Straordinario Jerzy Sthur nei panni del portavoce del papa. E naturalmente la sempre professionale Margherita Buy (una delle più brave attrici italiane...e voglio aggiungere che la pesante caricatura-sfottò che ne hanno fatto quelli di "Boris" l'ho trovata cattiva e ingiustificata). Bellissimo anche il brano musicale interpretato da Mercedes Sosa, talmente insinuante che mi insegue da diversi giorni. E mi spiace dover concludere con una nota negativa. Mi riferisco ai recenti commenti ufficiali o semi-ufficiali provenienti dalla Chiesa. Essi, pur non demonizzando il film, fanno comunque trasparire evidente disagio e qualche irritazione. Peccato che questa Chiesa di oggi, così occupata ad intrattenere senza imbarazzi alcuni clamorosi "do ut des" col Potere Politico in carica, provi invece fastidio di fronte ad un film così umano e perfino affettuoso nei confronti dei suoi uomini. Il miglior film di Nanni Moretti? Forse no, ma ci va molto vicino.
Voto: 10

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