Regia di Nanni Moretti vedi scheda film
Aridatece Michele Apicella! Sono ormai vent'anni - dai tempi di Palombella rossa - che il più blasonato dei nostri registi sembra avere smarrito quella genuinità e quella cattiveria che gli hanno fatto conquistare meritatissimi allori tra pubblico e critica. Da allora sono passati due film marcatamente autobiografici, qualche cortometraggio e un brusco cambio di registro arrivato con La stanza del figlio, premiato a Cannes. Ne Il caimano la materia filmica era sovrabbondante ma almeno ci ha regalato un finale profetico (eravamo nel 2006). Habemus papam sembra indicare il punto di non ritorno verso quell'imborghesimento che lo stesso Moretti, in occasione di un celebre duello televisivo con Monicelli, stigmatizzava. I suoi film girati nel XXI secolo, quando non si chiudono nel privato, guardano a personaggi singoli, per quanto di enorme potere. Stavolta è il turno del cardinale Melville (Piccoli), eletto papa suo malgrado all'indomani della scomparsa di Karol Wojtyla. L'uomo tentenna, punta i piedi, costringe il segretario di Stato vaticano (Stuhr) a una messinscena per sedare la spasmodica attesa dei fedeli, viene messo in contatto con un celebre psicanalista (lo stesso Moretti) che finisce "recluso" all'interno del Vaticano mentre il caso passa nelle mani della ex moglie del terapeuta (Buy).
Grande dispendio di mezzi e raffinatezza non bastano per fare un film sul tema della responsabilità che non affonda mai un colpo, è talmente benevolo con i cardinali da farli sembrare dei bonaccioni totalmente disinteressati al potere e smembra il film radicalmente in due parti: una in cui va in scena il disagio esistenziale del neo-pontefice; l'altra, decisamente più faceta, in cui Moretti si prende la scena a suon di battute, lasciandoci intravedere ciò di cui potrebbe ancora essere capace se soltanto smettesse di addomesticare quell'ego che ha prodotto in passato risultati sopraffini.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta