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Habemus Papam

Regia di Nanni Moretti vedi scheda film

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M Valdemar

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Habemus Papam

di M Valdemar
6 stelle

Habemus papam parte da un assunto geniale, il cardinale che, eletto in conclave come il nuovo pontefice, cade in uno stato catalettico e disperato di sfiducia totale nelle proprie capacità di ricoprire tale ruolo; e si chiude con un finale accorato, interrotto, che lascia col fiato sospeso, vibrante, per poi accorgersi che è l’unico finale (im)possibile.
La tragedia di un uomo e del suo percorso interiore, fatto di angosce, interrogativi, scavi dolorosi nella sua coscienza di uomo di fede, eletto ad essere la guida suprema dei cristiani nel mondo, che sente il peso schiacciante e opprimente, soffocante, di una responsabilità “eterna”, calata dall’Alto e che ha i contorni della divina investitura. Ecco, Moretti ne aveva da raccontare, approfondire, un evento non comune, destabilizzante, e invece si ferma a metà strada, devia, si guarda intorno e si compiace, “riempie” il film con le sue comiche; e pure aveva la possibilità di aprirci un mondo praticamente inaccessibile dall‘esterno, governato da regole e rituali secolari e abitato da personaggi rigidi e obbedienti nell’adesione a una religione che professano, di cui sono rappresentanti, che li rende (apparentemente) non più uomini. Cosa che al regista non riesce, forse (troppo) rispettoso o timoroso, ne lambisce appena la superficie, abbellendola di trovate e scene, alcune esilaranti, che trasformano i cardinali in macchiette, svelandone particolari che, nelle intenzioni, dovrebbero farci riflettere sul fatto che sono anch’essi uomini, con tutti i loro vizi e virtù, attitudini e abitudini, ma che ci fanno tutt’al più (sor)ridere. Per esempio, anziché affondare i colpi quando si tratta di narrare gli accadimenti che stanno dietro alla scelta del nuovo papa (che sarà pure eletto da Dio, ma è votato da uomini, i porporati), e quindi i probabili e intuibili intrallazzi, sotterfugi, alleanze trasversali e quant’altro mente umana possa concepire, Moretti trasforma incredibilmente il tutto in una sorta di compito in classe, c’è che copia, chi attende i passi degli altri, chi armeggia rumorosamente e nervosamente con una penna … Per sé il regista si ritaglia il ruolo dello psichiatra (“il più bravo di tutti“, come ama ripetere) che, chiamato d’urgenza a cercare di capire cosa possa essere capitato all’eletto, diventa un “intrattenitore” per i cardinali, stanchi e confusi; ci gioca a carte, organizza un improbabilissimo torneo di pallavolo (ma il Vaticano è un paese per vecchi!), sfodera sarcasmo a ogni inquadratura. Quasi ce lo si immagina, mentre ci scruta ed osserva le nostre reazioni.
E il sommo pontefice? Posto che la scena della fuga è sinceramente poco credibile, per via di come un anziano, peraltro afflitto e angosciato, possa tramutarsi in centometrista con comprovate abilità da “spione” e mettere nel sacco le sue guardie del corpo, la vicenda della sua discesa tra le vie cittadine, in mezzo ai “comuni mortali”, poteva essere certamente sfruttata meglio.
Per l’uomo che non volle farsi papa, una sorta di “fuori orario” in una Roma dalla realtà irreale, incontri funzionali (talvolta pretestuosi) al suo travaglio interiore, ma francamente non verosimili; sembra che le notti e i giorni della capitale siano animate da cristiani caritatevoli, quasi che avessero riconosciuto in quella figura disperata e assorta il loro “capo spirituale”: la donna che al bar gli offre il suo telefonino, la commessa di un negozio che gli offre dell’acqua, la psicanalista del “deficit di accudimento” che l’accompagna in auto, i teatranti che se lo portano a cena …
In mezzo a tutto ciò s’eleva la figura, tragica e riuscitissima (qui merito di Moretti), di Michel Piccoli, un’interpretazione credibile, affascinante, sublime, come il discorso finale: affacciato dal balcone su una piazza gremita di fedeli che attende finalmente l’annuncio, egli, col fardello della sua sentita inadeguatezza e della sua sofferta decisione, specie con ciò che essa comporterà (“pregate per me”), l’annuncia: è Rinuncia.

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