Regia di Laura Luchetti vedi scheda film
Mentre il mondo intero si divideva equamente, l’emisfero nord tutti a vedere Zalone e quello sud tutti da Albanese, tre-spettatori-tre (due interi e un ridotto, per l’esattezza) erano gli unici marziani di stasera a condividere con me (quarto) la (prima) visione di “Febbre da Fieno”. Mi auto compiaccio, a volte, della mia snobberia, specie quando è in grado di aiutarmi a schivare il virus influenzale che di ‘sti tempi pasteggia a caviale e champagne nelle sale da million-dollars-per-weekend, o quando mi conduce per mano verso uno dei miei vezzi preferiti, vale a dire la scoperta di un’opera prima di un nuovo, giovane regista. Che se è femmina, come in questo caso, è pure meglio. E allora niente di meglio di un’accattivante locandina inghirlandata di partecipazioni a vacui festival di mai-sentito-dire, (che è pur sempre propedeutico alla snobberia di cui sopra), compreso un primo premio a quello di New York che, come città, l’ho anche sentita dire, ma come festival mai (io, però, non sono né Magrelli, né Morandini, quindi posso pur sempre giustificarmi). Non sempre la snobberia di cui sopra premia, e questo stasera mi è parso più che evidente. La buona predisposizione d’animo, comunque, insieme ad alcuni buoni numeri che la giovane Lucchetti dimostra di potersi giocare, mi portano a non bocciare quest’opera che, più che prima, vorrei potesse essere considerata una sorta di “numero zero”, come si fa per le uscite editoriali. E’ davvero molto immaturo un po’ in tutto, fatta eccezione forse solo per la fotografia che rende invece dei bellissimi colori romani: nella sceneggiatura, col suo finale inspiegabilmente tragico oltre ogni misura e logica, nel montaggio poco fluido, nei dialoghi, più infantili che giovanilistici, nei suoi interpreti, da applaudire ma ancora piuttosto tentennanti specie sul fronte maschile. A proposito, leggera divagazione…. mi sono divertito a trovare dei paralleli tra questo sconosciuto cast col resto del cinema a me noto: ci ho trovato un Andrea Bosca (Matteo) = Silvio Muccino, il che spiega perché Bosca sia il meno convincente di tutti; Giuseppe Gandini (Stefano) = Giuseppe Battiston, che già fa scopa solo col nome; Camilla Filippi (Giovanna, per niente credibile come gay) = un incrocio tra Francesca Neri e Alessandra Martines, quindi per forza molto bella; Diane Fleri (Camilla, la più in forma del cast insieme a Giulia Michelini/Franky) = vagamente Isabella Rossellini, e non solo per la sua magnifica erre moscia che piacevolmente condisce la voce narrante del film (gradita in proposito un’opinione/confronto nient’affatto impegnativa da parte di qualche utente di FilmTv che abbia voluto scegliere questo film per una delle sue prossime serate).
Pieno sì di musica, pieno di luce e di aria del ponentino, pieno di simpatica e garbatissima grazia, il film è però vuoto di scheletro e di sostanza, anche se ben girato (le doti di regista non mancano alla Lucchetti, che non è, come leggo dalle cronache, una novizia del mondo del cinema, e si vede), ma confezionato con risultati non proprio entusiasmanti.
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