Regia di Giuseppe Papasso vedi scheda film
Se Doinel, nei 400 colpi, rubava una macchina per scrivere come gesto di sfida contro le ingiustizie degli adulti, il piccolo Salvatore - in questa curiosa opera prima del documentarista Giuseppe Papasso - sottrae 150 mila lire dalle casse della sezione del Partito Comunista Italiano messi da parte per partecipare a Roma ai funerali di Tognatti. Siamo nella Basilicata della calda estate del 1964, nei giorni in cui a Yalta il compagno di tante lotte si spegne dopo un improvviso malore. Da una parte i manifesti della Dc, la chiesa del paese, il sacerdote che evoca Don Camillo. Dall’altra la famiglia di Pietro, contadino che sogna la Rivoluzione, fazzoletto al collo alla Peppone e un figlio a cui piace solo e immensamente il cinema. Le 150 mila lire servono per acquistare un proiettore, che poi finirà nella diocesi per una “prima” con tanto di Charlie Chaplin. La storia - inframmezzata di Macisti e di “scandali” da Dolce vita - è raccontata in flashback dal ragazzino a un giornalista che lo va a stanare in riformatorio. L’aria è obbligatoriamente tornatoriana, quindi anche germiana, e dunque stravistissima. Eppure, nel suo poverismo e nel suo giocare di sponda, riesce a far rivivere il brivido adolescenziale di una passione. L’unica possibile.
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