Regia di Fausto Brizzi vedi scheda film
Un grande studioso della commedia all’italiana, forse il più grande di tutti, Maurizio Grande, aveva isolato nell’«elasticità dell’io» (soprattutto maschile: quella capacità di simulare e protendersi fino all’inverosimile pur di non affrontare verità e conflitti) una delle caratteristiche del genere: in questo secondo capitolo della guerra dei sessi secondo Brizzi, Ficarra & Picone si inventano la qualsiasi pur di nascondere alle rispettive morose l’amore per l’hobby innocente di rifare i Beatles e Bisio rimette insieme per finta la famiglia pur di non dover rivelare alla madre che si è separato da anni. Ma l’episodio più brillante è sicuramente quello della Littizzetto, la quale, ritrovatasi un consorte (Solfrizzi: in gran forma) che a causa di un trauma ha perso la memoria, lo “riformatta” a suo piacere: estirpandogli l’ossessione del tifo e condizionandolo alle arti casalinghe e perfino a convertire il dialetto pugliese in intonation piemontese. Basterebbero loro due a valere il prezzo del biglietto. Chi scrive, del resto, pensa che tutti i tentativi dotati di scrittura, recitazione e humour, capaci di evitare al cinema d’intrattenimento italiano la dittatura del cabaret filmato o la lobotomia del cinepanettonismo, siano gesti cinematografici capaci di nobilitare il peso specifico del monopolio della commedia sul cinema italiano attuale. Questa lotta senza quartiere tra “manipolazione” femminile ed “elasticità” maschile si avvale di un copione che somiglia più a Corbucci o Salce che a Zelig e vede al lavoro un pacchetto di mischia di buoni attori (il loro zenith: la lettera che scrivono insieme Ficarra & Picone. Nel Paese di Totò e Peppino e di Benigni e Troisi, è come se qualcuno affrontasse il monologo di Amleto al Globe Theatre dopo Laurence Olivier o John Gielgud). E se la musica è inutilmente zuccherosa e le tette rifatte e le labbra siliconate occhieggiano quasi in ogni inquadratura (specchio del Paese reale e della sua capitale immorale che è la Tv), Ficarra & Picone travestiti da Lennon e McCartney sono troppo forti: uno vorrebbe averli a casa, nella propria stanza, nei momenti di depressione.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta