Regia di Fausto Brizzi vedi scheda film
Ma quanto si ride con quest’ultimo film di Fausto Brizzi. Non ne avete idea. Credete che sia esagerato sostenere che nel 2011 un film giocato sulla dicotomia “Venere/Marte” (si, perché “Marte/Venere” era stato già trattato nel capitolo precedente… sorge una domanda: il regista ha mai sentito parlare di una delle regole base della matematica? Proprietà commutativa: 3x2 fa sempre 6, come 2x3… ma credo che fosse più interessato al numero di biglietti da staccare, alle banconote da contare e ai conti del commercialista per pagare l’intero cast tra protagonisti e comparse eccellenti!), equilibrato tra luoghi comuni, battute telefonate, blasfemie causate dalla presa in giro di uno dei capolavori della commedia italiana (vi dirò dopo quale), attori espressivi come un mocio appena strizzato dopo aver ripulito i cessi pubblici e sceneggiatura firmata anche da una certa Pulsatilla (blogger baciata dall’immeritata fortuna e famosa per… già, per cosa è famosa? Chiedo ufficialmente ad Eco di redigere una fenomenologia di Pulsatilla, altrimenti continuerò a sentirmi stupido nel non sapere quali siano le doti di scrittura della suddetta) possa ancora fare ridere? Si, la risposta è si, soprattutto se avete la fortuna di vedere l’opera durante le conferenze stampa di presentazione, quando tra addetti ai lavori è possibile sbizzarrirsi nel pensare a tutt’altro, nel raccontarsi barzellette sul Rubi-C(***)One e nell’interrogarsi se è nato prima l’uovo o la gallina…
Femmine e maschi sono destinati a eterna incomprensione per via dei caratteri e dalle personalità differenti. Si, capita che l’insegnante triste (la Inaudi) e arida sposi il bidello della scuola (Ficarra) in cui insegna e codesto bidello abbia la sindrome di Peter Pan però no, non le fa le corna… semplicemente coltiva qualche piccolo interesse: colleziona figurine, gioca coi soldatini e la sera anziché stare in casa ad annoiarsi con la musona che ha accanto si diletta a scimmiottare i Beatles insieme a un paio di amici… In più, fa da consulente ai bambini della scuola in preda ai primi innamoramenti, in primis al piccolo Lorenzo, segretamente infatuato della compagnetta Giada. La maestrina, causa un anniversario non ricordato dal marito per via delle prove per il festival degli imitatori dei Fab Four, decide di buttarlo fuori casa e il povero disgraziato, incompreso, va a vivere a casa del suo compare (Picone), amico e compagno di ricatti reciproci.
L’amico, ovviamente, non se la passa meglio, anzi… anche lui, giovane in carriera, è sposato. Sua moglie (la Autieri), manager in carriera, è sempre abbastanza tirata: sembra che un cuscino della suocera [nota per chi non è esperto di piante tropicali: cactus bonsai] le attraversi l’algida bellezza da capo a piedi. Ovviamente non vede di buon occhio l’amicizia tra il marito e l’amico: non sia mai che un rapporto quasi simbiotico, fatto di esperienze e hobbies comuni, di complicità e rispetto, rovini il matrimonio trasformandolo in un menage a trois, soprattutto ora che lei (non si sa come: chi ha l’ardire di immaginare Picone a letto con la Autieri scagli la prima pietra!) è incinta: Picone, scegli, o lei o l’amico, due piedi in una scarpa non possono stare… ovviamente la scelta non arriverà mai…
Il piccolo Lorenzo, di cui sopra, è figlio di una coppia di divorziati, Bisio e la Brilli, lui chirurgo plastico, lei non si sa cosa (qui scattano inevitabili gli applausi e la standing ovation per gli sceneggiatori: la Brilli sposata con un chirurgo plastico proprio non avremmo mai potuto immaginarlo… bravi bravi! Che realismo!). I due fingono una volta al mese di stare ancora insieme per andare a trovare la mamma di Bisio, Wilma De Angelis: povera vecchietta al cui confronto Jessica Fletcher è un’ingenua, una dilettante. Con uno stratagemma e la complicità di un finto medico, la De Angelis si trasferirà a casa della Brilli e la recita della coppia e famiglia unita continua tra esilaranti filmini amatoriali delle vacanze (ricreati in mezza giornata con l’aiuto dell’assistente/amante di Bisio) e colazioni alla Mulino Bianco, tra padellate in testa (che novità, sembra che Eastwood sia rimasto talmente impressionato dalla trovata da volerci realizzare una serie televisiva di 123 episodi, Padelling) al nuovo compagno della Brilli e consigli da “La prova del cuoco”.
Amico di Bisio, è Solfrizzi, un benzinaio pugliese sposato con un’urologa torinese, la Littizzetto. Solfrizzi, figlio di Mimì Metallurgico, trascorre le giornate sfruttando il lavoro di un pakistano, accoppiandosi con una cliente (sua amante da un paio d’anni), trattando la moglie come una cameriera, bighellonando con gli amici (oltre a Bisio, ritroviamo Preziosi, De Luigi e Cederna) con i quali condivide la passione per il calcio, essendo lui uno sfegatato sostenitore della Signora Juventus, suo unico e grande amore. Un giorno, per guardare il fondoschiena della Felberbaum in shorts davanti ad una vetrina, finisce contro un palo e perde la memoria. Spetta alla moglie Littizzetto, moderna Frankenstein, aiutare il marito a recuperare i ricordi. E che ti fa l’arpia? Riplasma la mente dell’uomo, lo riformatta a suo piacimento, creandosi l’uomo dei suoi sogni, l’uomo perfetto: un maggiordomo in casa, un massaggiatore ayuervedico esperto nonché focoso amante, cultore degli scrittori francesi, con spiccato accento torinese, ne. Ma il festival del Walter e della Jolanda, motivo di invidia delle amiche di lei (la Signoris e la Ocone), ben presto finirà lasciando la donna sola.
Ovviamente evito di svelarvi il finale che in un gioco di ombre dolciamare riequilibra tutti gli assetti con trovate che qualche sorriso lo rubano sul serio.
Quello che colpisce negativamente è il fatto che il regista continua sul terreno delle storie corali: anni fa bastavano un Sordi e una Valeri per farci sganasciare dal ridere e riflettere sulle differenze maschi/femmine nei rapporti amorosi, bastavano una Vitti e un Dorelli per massacrare le differenze sessuali, bastavano una Melato e un Giannini per evidenziare l’annullamento delle classi sociali. Oggi un cast così pieno di nomi affermati (si segnalano anche i camei della Cortellesi, di Vaporidis, della Wurth e dell’ex pallavolista Francesca Piccinini) e della commedia riesce semplicemente a far arrabbiare per il risultato raggiunto: non c’è un briciolo di mordente, satira assente, recitazione da dilettanti e ruoli sprecati, idee abbandonate fin troppo presto, scene viste e riviste (come quella della cena tra Picone e Autieri e manager coreano), spessore psicologico dei personaggi al limite del ridicolo con stereotipi da bignamino, da manuale d’amore spiegato ai ragazzini che accorreranno in massa per poter dire alla propria fidanzata che “siamo meglio noi, non siamo così… vero, giò?”.
Le trovate migliori vengono dal duo Ficarra&Picone, con due personaggi che sono la continuazione del loro percorso televisivo e che proprio per questo non riescono a lasciare il segno, imprigionati da scene deja vù (come la partita di pallavolo in spiaggia contro la Wurth e la Piccinini) e travestitismo al limite della denuncia per atti osceni (i costumi che usano per suonare/emulare i Beatles, il furgone sessantottino “peace & love”). La Littizzetto fa quel che può, è una bestia da palcoscenico televisivo, da battuta diretta e pungente, ma la recitazione su copione la costringe a limitarsi, implodendo in una prova da dimenticare: la scena del videomessaggio allo stadio avrebbe dovuto avere altro mordente e non limitarsi ad una lettura paragonabile alla Maria De Filippi delle televendite, asettica, disinteressata, come un bambino costretto a recitare il “Passero solitario” in prima elementare. Dispiace per Bisio che offusca la prova di “Benvenuti al Sud” mentre la Inaudi, ancora una volta nel ruolo della giovane donna arida, e la Autieri, volto feticcio del regista e non proprio adatto alle commedie, saranno ben presto dimenticate. Il silicone della Brilli, sicuramente rimessa a nuovo per l’occasione, ha ormai nascosto le espressioni del suo volto mentre la De Angelis rimane e rimarrà tale: simpatica, recitare è tutt’altra cosa.
E concludo con la blasfemia accennata prima. Ficarra nel suo essere complice del piccolo Lorenzo accetta di scrivere una lettera indirizzata alla piccola Giada, una lettera d’amore nella cui stesura interviene anche Picone.
Vi propongo il testo:
“Cara Giada,
quando ti vedo mi batte forte il cuore, comincio a sudare e mi viene il fiatone che ci ho le gambe pesanti, che non è che ho giocato a pallone, che è uno sport nobile, che voi femmine non ne capite niente di pallone, come non ci capite niente di figurine e di fantacalcio… e di musica, che voi solo Sanremo vi potete vedere… noi Maschi (maiuscolo, nome proprio nostro, di persona) ci abbiamo tante passioni ma questo non significa che non ti voglio bene, anzi… con te vorrei fare una carrettata di figli, anche undici, tutti maschi ma non ora, dopo… così non mi puoi accusare che non ti dedico tanto tempo…
Questa lettera mi è venuta dal mio cuore e non mi ha aiutato nessuno… né Rocco né l’amico suo, Michele, che se vuoi li chiami che te lo possono confermare”.
Ecco, la commedia si è trasformata in dramma. È mancato poco che una sommossa si alzasse dalle fila dei giornalisti più riottosi, una mia collega ha chiesto i sali urgentemente per evitare lo svenimento, io sono andato in deficit calorico: non si possono scomodare Totò e Peppino in maniera così insensata, il paragone non regge, la massa che correrà in sala non saprà mai da dove deriva la scena e magari riderà… questa è blasfemia, è irriconoscenza per chi la commedia l’ha inventata e se la vede ora deturpata… Brizzi, Pulsatilla and Co.: evitate la prossima volta, compratevi un libro di Osho e cominciate a meditare sin da adesso…
A fine conferenza stampa, il regista ha annunciato il suo prossimo progetto: una commedia corale sulle abitudini del sesso in 4D… Si, avete letto bene: 4D, siamo avanti noi italiani… oltre alle stimolazioni visive e uditive, a quanto pare le sale riempiranno lo spettatore di odori e sensazioni percettive… mi chiedo: a che pro? A cosa serviranno gli effetti speciali ad una commedia? Ma questa è un’altra storia….
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