Regia di Rob Letterman vedi scheda film
Rilettura in salsa demenziale delle gesta di Gulliver e dei minuscoli lillipuziani, il tutto a disposizione della comicità spasmodica e grossolana di Jack Black che dalla prima all’ultima scena si fagocita ogni singola sequenza con i suoi atteggiamenti volutamente elefantiaci.
Gulliver (Jack Black) lavora come addetto alla posta di un importante grattacielo, ma per cercare di fare colpo su una ragazza (Amanda Peet) s’inventerà capacità di scrittore che non possiede finendo dritto dritto in un viaggio nel triangolo delle Bermuda.
Da qui, in seguito ad una violenta burrasca, finisce naufrago sull’isola di Lilliput trovandosi al cospetto di un popolo di uomini e donne di minute dimensioni.
Dapprima diventerà un eroe salvandoli da un attacco nemico, ma in seguito i suoi trucchi e imbrogli saranno smascherati.
Ma nella vita c’è sempre una seconda occasione per porre rimedio ai propri errori.
Grossolano film che “vanta” parecchie scelte improbabili (le scelte ultra tecnologiche, vedi il robot, stonano parecchio) o comunque debilitanti che limitano un complesso non proprio brillante già di suo.
Storiella fin troppo semplice, ma se non altro si ride, anche se il tipo di comicità ricorda soprattutto film di bassa lega, per cui ci troviamo il gigante che piscia a destra e a manca per spegnere un grosso incendio (chissà che ci sarà da ridere), ma anche una bambina abnorme che concia Gulliver come una bambola di donna (ammetto qui ho riso già di più).
Sul versante romantico meglio stendere un velo pietoso, ma in ogni caso, grazie ad alcune trovate, come quelle che arrivano direttamente dalla produzione targata 20th Fox (gli spettacolini ripresi dal “Titanic” o da “Star wars” che fanno colpo sugli ignari spettatori), ci sono momenti dove si ridacchia, in maniera un po’ troppo urlata sicuramente, ma (molto) meglio di niente, soprattutto grazie agli interpreti, Jack Black su tutti, ma anche Billy Connolly e Chris O’Dowd offrono una discreta sponda, mentre Jason Segel e Emily Blunt sono poco più di ornamenti pregiati sfruttati quasi per niente (soprattutto nel caso di Segel che non trova una battuta decente in tutto il film, nonostante ispiri sempre un’innocente simpatia).
Da notare infine il solito scempio del doppiaggio che in casi come questo offre il peggio di se con un’inflessione dialettale che proprio non ci sta per nulla.
In sintesi rimane un film deludente, perché dalle premesse si poteva facilmente cavarne fuori molto di più, ma in ogni caso, considerandolo come un prodotto di deriva prettamente demenziale, offre anche alcuni momenti strampalati e buzzurri al punto giusto.
Bieco.
Riesce a strappare più risate (più per merito altrui), ma si fa prendere troppo la mano (la tecnologia può anche "uccidere") e quando eccede lo fa spesso troppo male.
Inutilmente esagitato.
Trasbordante, se ogni tanto si ridacchia è soprattutto merito della sua "gigantezza" smodata.
Certo che sfruttarlo meglio non sarebbe male ...
Come spesso accade in queste (stropicciate) commedie non viene sfruttato a dovere (i mezzi li ha tutti).
Sprecato.
Bella qui senz'anima.
Congeniale alle circostanze, purtroppo vi è poco o nulla che possa aggiungere.
Sufficiente.
Parte risibile per lei.
Comunque caruccia (più che altro lo è di suo).
Lampi di spassosintà per lui.
D'altronde il talento si può annacquare, ma non uccidere.
Sopra le righe, sicuramente fin troppo.
Però nel suo essere grossolano in fondo funziona a dovere (il contesto questo richiede a spada tratta).
Sufficiente.
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