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Che bella giornata

Regia di Gennaro Nunziante vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Che bella giornata

di scandoniano
8 stelle

Non c’è che dire, Checco Zalone ha trovato la sua dimensione. Ancora di più che sulle tavole del palco di Zelig, o dei riflettori degli studi televisivi, è davanti al grande schermo che Luca Medici, in arte Checco Zalone, riesce a dare il meglio di sé. La collaborazione artistica con Gennaro Nunziante, già testata in occasione del precedente “Cado dalle nubi” del 2009, si intensifica, fortificandosi ulteriormente in una storia che risulta più elaborata e costruita meglio rispetto al film precedente. Checco, che stavolta invece di emigrare è già integrato a Milano, è una guardia del corpo in cerca di un lavoro redditizio e che gli dia soddisfazioni. Grazie ad una forte raccomandazione, arriva a diventare capo sorvegliante della “Madunina”, attrazione principale del Duomo meneghino. Qui incontra Farah, terrorista islamica, che prova a concupirlo nel tentativo di far saltare in aria la famosa statuina. Le cose si complicano quando, in attesa del carico di esplosivo, Farah e Checco diventano sempre più intimi, fino a sfiorare l’amore…

“Che bella giornata” è innanzitutto un film in cui si ride, anche a crepapelle (dipende dalla propensione alla risata dello spettatore) dall’inizio alla fine. Le trovate della sceneggiatura sono indiscutibilmente esilaranti, perché sanno sdrammatizzare temi pesanti (vera colonna portante del modo di fare comicità di Zalone), ma soprattutto risultano sempre dissacranti e non stoppano lo loro vis comica nemmeno in situazioni pesanti da gestire.

La comicità di Zalone non usa la volgarità come scorciatoia verso la risata, ma anzi sceglie la via più impervia, calcando con forza la mano su situazioni tipiche del malcostume nostrano (nepotismo, razzismo, opportunismo, maleducazione), trasformando in taluni casi la grassa risata in meschino sorriso a denti stretti, frutto della penosa riflessione su quanto siano veritiere alcune situazioni.

Anche l’ignoranza ostentata dal personaggio di Checco non è fine a se stessa, ma è un’esasperazione della semplicità, dei valori (forse sbagliati) ma comunque veraci: in una delle scene cult del film, Checco prende in prestito la famosa tela seicentesca di “Santa Teresa”, per portarla fuori dal museo, laddove Farah può fotografarla con la giusta illuminazione: è un atto gravissimo verso il patrimonio, ma è un atto d’amore altrettanto grande verso la propria amata; si tratta della fotografia dell’Italia odierna, quella che Luca Medici, che aldilà dei personaggi che interpreta è un uomo colto ed intelligente, intende denunciare con uno stile personalissimo. Dunque un film non solo comico, per chi sa leggere tra le righe.

Alcune cose che colpiscono del film, in ordine sparso: nei titoli di testa il protagonista viene indicato come Checco Zalone, mentre come soggettista compare come Luca Medici; la partecipazione di Caparezza è esilarante e indovinata; il film è quello che ha incassato di più in Italia, superando “La vita è bella” di Benigni (conferma ne sia che pur avendolo visto al cinema alla terza settimana di permanenza, di giovedì sera, la sala era comunque stracolma!).

Proprio citando Caparezza, che diceva “Il secondo album è sempre più difficile nella carriera di un artista”, e adattando il refrain a Zalone, potremmo dire che quest’ultimo supera a pieni voti la controprova del ritorno sul grande schermo (con buona pace di chi riteneva avesse esaurito tutti i colpi in canna col film d’esordio), lasciando ben sperare per un futuro in cui si spera, continuerà a far ridere e, crediamo, anche a far riflettere con una ingente dose di coraggio (citatemi un altro film – italiano - in cui si derida così dichiaratamente due istituzioni intoccabili come “le missioni militari all’estero” e “il mondo della Chiesa”).

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