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La morte nera

Regia di Robert Hartford-Davis vedi scheda film

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La recensione su La morte nera

di M Valdemar
4 stelle

La Morte nera (The Black Torment) è una produzione inglese del 1964 che cerca di inserirsi nella grande tradizione della Hammer, tra l’ambientazione simil-gotica e la storia “paurosa”. In realtà si tratta di uno pseudo-horror, che unisce suggestioni terrorifiche al manierismo dei film in costume e finanche a del vetusto cappa e spada.
Protagonista è sir Richard Fordike (John Turner), di ritorno al maniero di famiglia dalla luna di miele con la seconda moglie Elizabeth (Heather Sears, già ne Il fantasma dell’opera di Terence Fisher). La prima moglie Anne si è misteriosamente suicidata quattro anni prima, gettandosi da una finestra. L’accoglienza da parte del popolo è inspiegabilmente fredda e ostile, e il cugino Seymour (Peter Arne) gli chiarisce l’arcano: una giovane donna, Lucy Judd, è stata assassinata e prima di morire ha fatto il suo nome; e poi ogni notte una dama che ha le sembianze della defunta moglie lo insegue a cavallo per la brughiera gridandogli “assassino!”. Nella tenuta familiare vive la sorella di Anne, la placida Diane (Ann Lynn) che si prende cura del padre di Sir Richard, Sir Giles Fordike (Joseph Tomelty), uomo vecchio, muto e costretto su una sedia a rotelle e accudente i segreti della famiglia. Tutto precipita con la sparizione di una servitrice di Elizabeth.
Sir Richard dovrà faticare parecchio per svelare il mistero, tra apparizioni ectoplasmatiche, servitori irrequieti e inquietanti, finestre che non vogliono chiudersi; insomma tutti i crismi del caso, e fate attenzione al fatto che gli eredi Fordike si chiamano, alternativamente, Giles e Charles.
Il finale, deludente, è quanto di più razionale e semplicistico ci si possa aspettare.
La messa in scena è convenzionale, a tratti distratta e confusa (la scena dell’inseguimento a cavallo, il combattimento finale), senz’altro non agevolata dall’avvertibile povertà di mezzi, ma il regista è pure colpevolmente responsabile del tono generale, dimesso e scialbo, quasi timoroso di arrischiare una qualche idea brillante.
La fotografia è discreta, dalla usuale policromia, che però non sfrutta fino in fondo le possibilità date dall’ambientazione ottocentesca e dai costumi. La sceneggiatura è elementare e banale, poteva sicuramente sfruttare meglio il già non originale spunto di partenza (e a tal proposito è alquanto fuorviante la furba dicitura stampata sulla copertina del dvd: “tratto da un allucinante racconto di Edgar Allan Poe"), magari infondendo più spessore ai personaggi saturandone sinistrità e ambiguità; oltre al fatto che si poteva partorire un finale decente e coerente con quanto fatto intendere. Gli attori di conseguenza offrono prove non proprio memorabili, tutt’altro, dal pedante e rigido barbuto John Turner alle impalpabili e irritanti Heather Sears e Ann Lynn, che pure qualche carta da giocare l’avevano; chi riesce meglio è Peter Arne, un volto di interessanti sfumature che almeno un po’ d‘impegno lo mette, e soprattutto Joseph Tomelty, anziano relitto che si esprime a gesti: il suo sguardo obliquo e deforme è l’unica vera nota di orrore. Ciò che eleva il film dalla mediocrità è la musica, orchestrata e diretta da Robert Richards, ficcante e potente, pomposa il giusto, però in questo caso decisamente sprecata.
 

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