Regia di Tonino Valerii vedi scheda film
Non è quello che sembra, è molto meglio.
Il mio nome è Nessuno sin dal titolo denuncia quell’ambiguità che lo farà oscillare per due ore tra la farsa e il metatesto, segno che la produzione vuole divertirsi e stupire già prima della prima inquadratura. Il fatto è che ci riesce, come quei piatti “rigatoni e marmellata” che quando li hai assaggiati poi dici “Però, non male!”.
È il fratello minore di C’era una volta il West e se non pretendiamo faccia tutto quello che per definizione un fratello maggiore sa fare meglio, vi possiamo scorgere le stesse suggestioni, in opportuna scala.
Terence Hill/Nessuno ci mette la faccia da schiaffi, le battute lunari, il lato sardonico e fantastico del western all’italiana, precursore e coevo dei film di kung fu made in Hong Kong. Henry Fonda/ Beauregard è l’icona, la rappresentazione e l’incarnazione, il feticcio intoccabile del Vecchio West. Ma il film vuole condurci proprio a superare per gradi il mito, sino a un pre-finale che più mitico non potrebbe essere, con l’incorporamento nella trama nientemeno che del Mucchio Selvaggio, un altro totem il cui destino è di essere abbattuto.
È insomma un film sul passaggio delle consegne, ma meno determinista e più scanzonato del fratello maggiore. Anche perché, dove lì c’era il dagherrotipo di un Tempo che non ritorna, qui i fati sono più sfumati, gli addii meno certi, le ombre meno impenetrabili. Tra i due protagonisti vige un evidente processo osmotico, in cui ciascuno progressivamente assume una parte della diversa forma di saggezza dell’altro. E ci sono - allo scopo - momenti e topoi in cui il travaso trova efficaci camere catalitiche, come luoghi-porte di comunicazione tra universi con diverse leggi etiche.
Non so se tutto ciò sia voluto anzi – meglio – non so in che misura lo sia, ma resta che funziona. Esiste una ben calcolata misura di liceità per le prese in giro di Nessuno nei confronti di Beauregard, con una precisa sensibilità su come queste non virino mai verso un sarcasmo gratuito, bensì un benevolo e scanzonato aiuto alla presa di coscienza (“ehi, amico, sei il Passato: non prendertela”). C’è una modulata e progressiva dinamica di accettazione delle nuove regole del nuovo modo/mondo da parte del vecchio pistolero. Tout se tient.
Se all’inizio pensavi di accingerti a vedere l’ennesimo Trinità con la guest star straniera, alla fine capisci di aver visto tutt’altro: un film malinconico, surreale e fortemente simbolico, di ben diverso spessore. Bravi tutti, in primis Tonino Valerii (regia) e Ernesto Gastaldi (sceneggiatura).
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