Regia di Tonino Valerii vedi scheda film
È il film che nel 1995 scatenò una spiacevole polemica postuma tra il regista Tonino Valerii e il già defunto Sergio Leone (che se n'era andato il 30 aprile 1989, ad appena sessant'anni), per l'interposta persona del critico Francesco Mininni. Il quale, nel 1988, aveva realizzato un'intervista con l'autore di Per un pugno di dollari, proponendola quale introduzione alla monografia del Castoro Cinema su Leone (in quel periodo - il 1995 - il quotidiano L'Unità allegava un volumetto del Castoro ogni lunedì). Quest'ultimo sosteneva, in buona sostanza, di essere l'autore di Il mio nome è Nessuno, avendone diretto personalmente le sequenze migliori. Valerii si adombrò e scrisse una lettera risentita al quotidiano allora diretto da Walter Veltroni, sostenendo che il film era totalmente suo, anche se era vero che Leone aveva diretto un paio di sequenze. Il regista abruzzese sosteneva che anche in Per un pugno di dollari diverse sequenze erano state materialmente dirette da Franco Giraldi, ma non per questo si poteva affermare che il film non fosse a pieno titolo di Sergio Leone. Peraltro, sosteneva ancora Valerii, il regista romano era noto per attribuirsi anche lavori degli altri e non aveva mai digerito il fatto che Il mio nome è Nessuno fosse il western italiano ad avere realizzato il più alto incasso della storia. Per di più, Valerii racconta un episodio che gli era stato riferito da alcuni testimoni, secondo il quale lo stesso Leone una volta avesse chiesto a Steven Spielberg quale fosse il suo film che gli era piaciuto di più e che il regista americano avesse risposto proprio Il mio nome è Nessuno. Valerii concludeva la missiva con una nota di amarezza personale, vedendosi costretto a polemizzare con un amico che non c'è più, per una sua presunta affermazione. Al di là dell'episodio, sicuramente spiacevole, ha ragione Leone quando afferma, nell'intervista all'origine della polemica, che Il mio è Nessuno sia alquanto squilibrato, poiché ad una prima parte assai caricaturale, simile nel tono a Lo chiamavano Trinità... (1970), segue un finale dal sapore quasi metafisico. Nonostante ciò, il film è divertente e piace ancora, malgrado i suoi difetti, anche grazie al contrasto tra un pistolero anziano e spento (Henry Fonda), sulla via del tramonto, ed un giovane rampante, tutto guizzi, anche dello sguardo, come Terence Hill.
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