Regia di Victor Sjöström vedi scheda film
Victor Sjostrom è ricordato da molti cinefili come il protagonista del capolavoro di Ingmar Bergman "Il posto delle fragole", ma rimane anche uno dei più importanti registi del cinema svedese, la cui attività si concentrò soprattutto negli anni del cinema muto. "I proscritti" è uno dei suoi film più acclamati, girato nel 1917 quando le conquiste del cinema muto erano ancora solo parziali, viene considerato uno dei primi film veramente artistici insieme a quelli coevi di Griffith, tanto che il padre della critica cinematografica francese Louis Delluc lo giudicò "il film più bello del mondo" nel 1921 alla sua uscita in Francia.
Come giudicarlo oggi, invece?
Il film è un melodramma di 110 minuti nella copia restaurata e integrale che ci racconta le drammatiche peripezie di una coppia, Ejvind e Halla, lui un bracciante che era stato incriminato per un furto fatto in circostanze di estrema povertà, lei una vedova benestante che si innamora di lui e accetta di vivere al suo fianco sulle montagne per sfuggire alla cattura dei rappresentanti della legge. Agli occhi di uno spettatore odierno poco avvezzo alle consuetudini del cinema muto può apparire fatalmente datato, ma va giudicato invece per la sua epoca e all'interno delle coordinate espressive di quel tipo di arte, per cui si potrà invece apprezzare la rappresentazione spesso vigorosa dei conflitti umani e psicologici restituita da Sjostrom con un linguaggio che era sicuramente innovatore nella scansione narrativa e nella recitazione, spesso sobria ma ugualmente intensa nel gioco degli sguardi e in una mimica non troppo caricata come in altri film muti. Il film è articolato in quadri che hanno un indubbio fascino figurativo soprattutto dove mettono in rilievo il paesaggio delle montagne, nella seconda parte, tanto che si può parlare di una vera integrazione paesaggistica, come mai era stato fatto fino ad allora, è diviso in sette capitoli come un romanzo e ricorre abbastanza spesso alle didascalie. Ci sono alcuni passaggi narrativi a mio parere un po' problematici per uno spettatore odierno, soprattutto la decisione di sacrificare la figlia gettandola da un dirupo per non farla prendere dagli emissari del potere, francamente incomprensibile, ma forse se giudicato con una mentalità diversa dalla nostra può apparire come un sacrificio tragico e disperato e non come un aggiornamento del crimine di Medea.
Anche la scena finale risulta sconvolgente nel conflitto drammatico, grazie alle ottime performance dello stesso Sjostrom e della compagna Edith Erastoff, che all'epoca delle riprese era incinta. Pur con qualche lieve dubbio espresso su alcuni aspetti della trama, confermo lo status di capolavoro acquisito dal film, poco conosciuto al giorno d'oggi.
Voto 9/10
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