Regia di Mario Moroni vedi scheda film
Un colonnello in pensione si vede 'scippare' il proprio ranch da alcuni banditi-predoni; ad aiutarlo giunge il pistolero senza paura Mallory, socio in affari dell'uomo.
Sceneggiatore di serie Z, Mario Moroni decide di passare dietro la macchina da presa nel 1971, licenziando - guarda un po' - uno spaghetti western. Il genere era in netta decadenza da qualche anno, ma andava ancora abbastanza forte da venire prodotto in decine di esemplari all'anno (nel 1971 le statistiche ne attestano circa una quarantina); chiaramente se la media qualitativa era già di per sè bassina, questo Il mio nome è Mallory, "M" come morte, prodottino raffazzonato e a budget zero, aiuta a farla sprofondare ulteriormente. L'unico fra i protagonisti a essere degno di nota, per quanto nome a tutti gli effetti modesto, è Robert Woods, americano habituè del cinema di genere nostrano, con particolare predilezione proprio per lo spaghetti western; scorrendo la lista degli altri interpreti si sfiora più volte l'anonimato: Renato Baldini, Artemio Antonini, Mario Dardanelli e così via. Senza infamia e senza lode la colonna sonora di Roberto Pregadio; ritmo scarso e violenza contenuta, con preferenza dei cazzotti sulle revolverate,a testimoniare il declino del filone. Lieto fine non scontato in sè, ma che lo diviene considerando la mediocrità della pellicola. 2/10.
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