Regia di Bent Hamer vedi scheda film
Abituati come siamo ai nostri cinepanettoni, dimentichiamo che la tradizione natalizia, in altri Paesi, è una cosa seria, se persino un “metallaro” come Rob Halford sente il bisogno di dare alle stampe in prossimità delle festività il proprio disco di “canzoni invernali”. Il film di Bent Hamer, pur non essendo espressamente un film “natalizio”, compone un mosaico esistenziale nel quale s’intrecciamo vicende semicomiche, drammatiche, erotiche; unite tutte dal comune filo rosso di un’umanità dolente che tenta in ogni modo di non perdere ciò che resta della propria dignità. Il Natale è più un catalizzatore che un elemento decorativo, un detonatore di solitudini, un’occasione di riscatto. Il film di Hamer potrebbe a tratti risultare sin troppo “ingenuo” per noi cinici spettatori italiani, eppure la commozione laica di cui è impregnato il suo film è in realtà una lezione di cinema profondamente “civile” (da non confondere con “contenutistico”). La parabola della natività è riletta attraverso un prisma di possibilità di scelte, piuttosto che indicazioni comportamentali. Hamer, insomma, non predica, osserva, uomo tra gli uomini. E il suo Canto di Natale risuona limpido nel buio degli sguardi e delle coscienze.
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