Regia di Cary Fukunaga vedi scheda film
Ultimo arrivato di una serie pressoché infinita di adattamenti per lo schermo (grande e piccolo) dell'omonimo capolavoro letterario firmato Charlotte Bronte, il film di Cary Fukunaga sorprende per immediatezza e audacia. Il taglio scelto dal regista per questa nuova versione di "Jane Eyre" non è infatti quello solitamente riservato ai grandi classici, tutto rigore ed abnegazione, ma piuttosto una rispettosa rivisitazione che ne esalta il lato più inquietante ed oscuro. È superfluo accennare alla trama poiché la tormentatissima storia d'amore fra l'indomita orfana ed il burbero Rochester appartiene di diritto all'immaginario collettivo, quello che va detto è che il talentuoso Fukunaga ci catapulta immediatamente nel culmine del dolore della protagonista per poi ripercorrerne le gesta a ritroso. Un'ellisse fosca, umida di lacrime e di pioggia, persa in lande desolate dalla struggente bellezza ed impietrita dall'orrore di un'infanzia strappata a frustate. La parte migliore del film: silenziosa, disperata, girata con largo uso di camera a mano e caratterizzata da un incedere teso, cupo, ai limiti del sinistro. Splendida intuizione che purtroppo non regge sulla lunga distanza e che viene meno man mano che la vicenda sentimentale si dipana in tutto il suo ardore. Ad ogni modo, il rsto della pellicola, seppur maggiormente stereotipato, sta in piedi da solo reggendosi sul discreto script di Moira Buffini, sull'incisiva fotografia di Adriano Goldman e su tutto il comparto tecnico che contribuisce ad una convincente ricostruzione d'epoca. Splendidamente in parte l'intero cast: Mia Wasikovska vola alto ma Fassbender la possiede dal primo istante.
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