Regia di Cary Fukunaga vedi scheda film
La Jane Eyre di Fukunaga offre la soluzione di un'equazione matematica che fin dai primordi attanaglia le menti umane. "Amore e incubo si incontrano nei migliori cinema", così recita lo spot pubblicitario. Ebbene, la risultante dell'incontro di queste due forze è "noia mortale". Fukunaga riesce nell'intento di una rappresentazione che, grazie alla totale assenza di pathos, trasmette allo spettatore un candido stato di sonnolenza. Il torpore viene interrotto soltanto dagli acuti della Wasikowska, ma a questo incidente di percorso dovuto allo sgradevole doppiaggio, viengono subito in soccorso dialoghi artefatti e una colonna sonora soporifera. La già citata Wasikowska dopo avere impazzato nel Paese delle Meraviglie, lascia il segno anche nel castello dei Rochester. Completano il quadro una Judi Dench deliziosamente affettata e un Fassbender incredibilmente equino, pur senza nitrire. Una regia splendidamente anonima fa il resto e pazienza se la fotografia e i costumi sono congeniali all'epoca. La Bronte può essere soddisfatta: se oggi le ponessero la questione su quale trasposizione cinematografica di Jane Eyre gettare dalla torre, la scrittrice non avrebbe più dubbi.
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