Regia di Roselyne Bosch vedi scheda film
Nessuno aveva mai fatto un film sul rastrellamento di Vel d’Hiv, avvenuto il 16 e 17 giugno nella Francia occupata del 1942. Furono raccolti al Velodrome d’Hiver oltre 13 mila ebrei, poi trasferiti al vicino campo di concentramento di Drancy da cui partivano i treni per Auschwitz: un orrore a lungo censurato, con tanto di gendarmi cancellati dalle fotografie d’epoca. Il film si articola su tre piani: le vittime ebree con un’infermiera francese, i politici di Vichy e Hitler. Quest’ultimo risulta superfluo e quello delle vittime assai risaputo, monocorde risposta d’Oltralpe a Il bambino con il pigiama a righe, cui si avvicina per la prospettiva privilegiata delle vittime più piccole. In patria le recensioni sono state freddine e hanno infiammato la coda di paglia della regista Rose Bosch, arrivata a paragonare ai nazisti i suoi detrattori. L’aspetto più interessante, ossia la connivenza antisemita dei collaborazionisti contrapposta al fallimento del rastrellamento, cui sfuggirono ben 12 mila ebrei nascosti dal buon cuore dei francesi, finisce sacrificato sull’altare di una ricostruzione perfettina e calligrafica. Pur nobilmente educativo, Vento di primavera è davvero troppo poco personale per un filone tanto frequentato come l’Olocausto.
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