Regia di Brad Anderson vedi scheda film
Un giornalista, una fisioterapista e un proiezionista, durante un blackout, si scoprono soli: tutti intorno a loro sono scomparsi, come evaporati lasciando a terra vestiti, occhiali e borsette. I superstiti percorrono una Detroit via via più buia, fino a incontrarsi in un bar presidiato da un bambino, nero e armato. Vanishing on 7th Street non perde tempo e in pochi minuti anticipa gli eventi (con un libro sui misteri della materia oscura e della colonia perduta di Roanoke), presenta i personaggi e quindi li getta nel panico, ma finisce per ridurli a tipi narrativi: il giovane ambizioso, la madre tenace e via dicendo. A parte Paul, interpretato da John Leguizamo, che in un mondo nero sogna di conquistare la cassiera del cinema con i colori di Les parapluies de Cherbourg di Jacques Demy. Il regista sembra volersi staccare dal genere e parlare del destino e della vita («esisto perché lo voglio»). Come in L’uomo senza sonno, sfoggia talento nella messa in scena, ma i suoi studi da antropologo lo conducono su sentieri impervi. Il rifiuto del genere finisce per privare la pellicola della necessaria e disperata tensione, il ritmo si adagia e il rompicapo si rivela puro pretesto, con tanto di finale dai simbolismi triti e ritriti. Forse perché lo controllano o forse per via di sceneggiature migliori (Treme, The Killing, Boardwalk Empire), Anderson lo preferiamo in Tv.
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