Regia di Kim Ji-woon vedi scheda film
I saw the devil è un film sudcoreano del 2010; diretto da Kim Ji-woon e scritto da Park Hoon-jung.
Sinossi: Kim Soo-hyeun (Lee Byung-hun) è un agente segreto coreano felicemente sposato, tuttavia un giorno sua moglie viene brutalmente uccisa da uno psicopatico, tale Kyung-chul (Choi Min-sik).
Soo-hyeun sconvolto dall'accaduto giura vendetta perpetuandola in maniera atroce; una volta trovato l'aguzzino lo massacrerà riducendolo in fin di vita per poi lasciarlo libero in modo da trovarlo e punirlo più e più volte, tuttavia questo sadico gioco non farà altro che peggiorare la sua esistenza...
I saw the devil è tra i film più importanti del moderno cinema coreano visto sprattutto la sinergia tra due menti brillanti come il regista Kim Ji-woon ed il giovane sceneggiatore Park Hoon-jung (proprio nello stesso anno aveva anche scritto l'ottimo The Unjust //www.filmtv.it/film/43997/the-unjust/recensioni/831601/#rfr:none per Ryoo Seung-won) che di lì a poco deciderà di dirigere in prima persona i suoi scritti con eccelsi risultati (pensiamo a New World //www.filmtv.it/film/58670/new-world/recensioni/932941/#rfr:none oppure al recente V.I.P //www.filmtv.it/film/161005/vip/recensioni/950255/#rfr:none); Kim e Park sono due autori dall'estro registico incredibile, in grado di realizzare film di genere stratificati ed innovativi un po' come questo I saw the devil.
Il film infatti sorprende per una regia diversificata ed audace, sorretta da una sceneggiatura intrigante con delle novità per nulla scontate dove il revenge movie, in Corea estremamente amato come confermato dalla "Trilogia della vendetta" di Park Chan-wook, non soltanto si fonde ad altri generi (dal torture porn al thriller) ma abbraccia snodi narrativi quasi impensabili con conseguenze nefaste per il protagonista giustiziere.
La vendetta messa in scena da Kim Ji-woon è estremamente brutale, a tratti quasi insostenibile ma non si tratta di un puro e semplice amore per il gore bensì troviamo una duplice valenza; da una parte mostrarci la bestialità senza fine dell'uomo mentre dall'altra troviamo l'inutilità della vendetta stessa che rende ciechi ed irrazionali; il protagonista poco dopo aver trovato il suo aguzzino non lo risparmia per consegnarlo alla polizia bensì per innescare un sadico gioco in cui potrà vendicarsi più e più volte, senza però calcolare le conseguenze ed infatti una volta libero il killer continuerà a mietere vittime innocenti.
Ad una visione più attenta si noterà un altro tema centrale nella filmografia del regista, presente si velatamente ma alquanto determinante ossia l'ironia intesa nelle sue varie accezioni.
Qui l'ironia non si risolve in situazioni comiche e grottesce (pensiamo ad il Buono, il matto, il cattivo oppure al suo esordio A Quiet Family) bensì si presenta nella forma cinica e beffarda del realismo che molte volte propone situazioni assurde ma appunto plausibili; a tal proposito la scelta di risparmiare il killer per perpetuare la vendetta porterà ad ulteriori perdite importanti per il protagonista.
Ironia evidenziata anche dal padre della prima vittima, il quale durante un gelido confronto con Soo Hyeun afferma quanto sia ironica la vita poichè nonostante sia stato un detective della omicidi con esperienze pluriennale non sia riusito ugualmente a salvare la persona per lui più importante: sua figlia.
Un altro tema esposto nei primi minuti che ben si amalgama alla questione dell'ironia beffarda della vita è l'inefficienza ed ineguatezza delle polizia, la quale pur sospettando chi sia il killer non riesce ad inchiodarlo, permettendogli quindi di continuare ad uccidere indisturbato (un qualcosa di analogo costituisce il perno dell'ottimo The Chaser //www.filmtv.it/film/38512/the-chaser/recensioni/962253/#rfr:none di Na Hong-jin) ; la critica alle forze dell'ordine è una costante del moderno cinema coreano.
Interessante anche notare il ruolo all'interno della narrazione della "detection" con il regista che inganna abilmente lo spetattore; bastanno pochi dettagli per lasciare presagire un determinato svilippo del film con il protagonista che deve indagare affinchè trovi il killer, tuttavia questa situazione viene risolta in pochissimo tempo e l'indagine lascia il campo ad un ludico e macabro gioco tra gatto e topo con i ruoli che si alternano inaspettatamente
Come già accennato in precedenza anche la regia propone diversi spunti d'analisi e Kim Ji-woon parte subito col folle proponendoci un incipit alquanto indicativo.
Il film si apre con una strana soggettiva di un soggetto che guida su una strada sperduta ed innevata, il tutto accompagnato da una melodia romantica che però trasuda un pizzico di malinconia anticipando con arguzia la scena successiva.
Il soggeto che guidava l'automobile è in realtà una giovane donna, la quale però è costretta a fermarsi in mezzo al nulla a causa di un guasto alla vettura; nel mentre la ragazza è al telefono con il suo amato (il protagonista) che pur trovandosi al lavoro riesce a dedicarle una romantica canzone tuttavia durante la chiamata sopraggiunge un misterioso uomo che si offre di aiutarla.
Improvvisamente l'uomo riversa una rabbia e violenza inaudita contro l'auto della donna e nel giro di pochi secondi la ragazza viene ridotta in fin di vita.
L'incipit termina con un magistrale piano sequenza articolato che inizia con un movimento connettivo mostrandoci due situazioni diverse ma collegate tra loro, ossia la macchina peina di sangue seguita dal killer che trascina il corpo inerme della donna (con un'inquadratura a piombo).
Nel corso del film Kim Ji-woon proporrà ulteriori virtuosimi stratificati ed incredibilmente efficaci; pensiamo al piano sequenza (soluzione molto apprezzata dall'autore) che parte come carrellata orizzontale su Soo-hyeon nel suo lussuoso attico (il quale ha capito l'identità del killer) contemporaneamente la carellata si evolve in un progressivo movimento selettivo (dal suo appartamento lo sguardo della cinepresa si sposta sui vari grattacieli di Seul) che si protrae fino al cielo per poi improvvisamente abbassarsi ed a questo punto lo scenario è cambiato e dalla moderna Seul ci troviamo in un attimo in campagnia con una ragazza che aspetta da sola in piena notte il bus, ignara che di lì a poco verrà catturata dall'assassino.
Questo stile virtuoso ed elegante si alterna agli orribili omicidi e torture, dove Kim Ji-woon non lesina sul sangue osando e non poco, ma allo stesso tempo in alcuni frangenti opta inaspettatamente per il fuori campo e l'ellissi, amalgamando alla perfezione suspense e sorpresa.
Ottimi anche i vari scontri tra giustiziere e killer, il tutto messo in scena con uno stile frenetico ma ben leggibile, di chiaro stampo hongkonghese (il cinema coreano deve molto alla cinematografia dell'ex colonia britannica).
Se non è un capolavoro poco ci manca.
Da recuperare assolutamente nonostante sia inedito nel nostro paese (scelta abbastanza senza senso dei nostri distributori).
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