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RCL - Ridotte capacità lavorative

Regia di Massimiliano Carboni vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su RCL - Ridotte capacità lavorative

di laulilla
6 stelle

Ogni riferimento allo sciopero generale di ieri, agli insulti scomposti per la sua riuscita, anche a Pomigliano d’Arco, non è affatto casuale.

 

Uscito nel 2010, questo è stato uno dei pochi film italiani in cui, dopo le lotte e le conquiste del 68, si tornava a parlare dei problemi dei lavoratori della Fiat, degli sconfitti di Pomigliano d’Arco confinati in un reparto speciale – sorta di  Palazzina LAF d’antan – che il regista Massimiliano Carboni chiama, con l’aiuto di Paolo Rossi, l’attore giornalista-intervistatore, “Pianeta Lapo”.
Il Pianeta Lapo è un luogo di fantasia, il non luogo in cui venivano confinati i lavoratori più riottosi, quelli che – dopo l’esito del referendum organizzato nel territorio di Pomigliano dai dirigenti della Fiat che aveva sancito la vittoria dei SI approvando la politica dei vertici aziendali – non si erano arresi, non intenendo rinunciare alle vecchie conquiste sindacali né alla loro personale dignità.
Sul Pianeta Lapo trovava posto perciò chi aveva votato NO, chi era stato segnalato dal servizio di spionaggio interno come pericoloso nemico del “bene” – ovvero della competitività sui mercati internazionali – nonché quelli che i giudici del lavoro avevano doverosamente reintegrato dopo il licenziamento.
Non era vero, purtroppo, che l’azienda volesse ridurre i costi: la dirigenza aziendale non temeva né gli sprechi per il mancato utilizzo dei confinati, né la spesa per il servizio di delazione organizzato per incastrare i lavoratori, obbligati a rendere conto non solo del loro lavoro, ma delle loro idee, o della pretesa di avvalersi di diritti previsti dalla legge.
A Pomigliano non solo si pagavano i sorveglianti, ma addirittura i sorveglianti dei sorveglianti, grottesca farsa, conseguenza della normalità accettata nel mondo alla rovescia di cui la risalita al contrario della scala mobile è una geniale metafora. I lavoratori, infatti, erano costretti a muoversi – per eseguire i compiti loro assegnati – in senso contrario allo scorrere della catena di montaggio, rischiando incidenti e stress.
Bravo il regista, e bravi gli attori che hanno rappresentato metonimicamente, con un film un po’ documentario e un po’ fantascientifico, non privo di difetti, un importante momento della storia del nostro paese.

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